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Ennesima zona Rossa in Lombardia: "Adesso basta!" Si poteva evitare?

Forse non si sarebbe resa necessaria questa misura: vediamo il perchè.

Ennesima zona Rossa in Lombardia: "Adesso basta!" Si poteva evitare?
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Ennesima zona Rossa in Lombardia: "Adesso basta" Si poteva evitare?

Ennesima zona Rossa in Lombardia: "Adesso basta!" Si poteva evitare?

L'annuncio è arrivato nella tarda mattinata di venerdì 12 marzo: la Lombardia torna in zona rossa a partire da lunedì 15 marzo. Per quanto tempo? Di certo due settimane, come prevede il Decreto. Poi si vedrà: o qualche giorno arancione prima del "triduo rosso pasquale" (3,4 e 5 aprile), oppure direttamente arancioni solo dopo Pasqua.

Numeri da zona rossa in tutta la regione Lombardia: ma si poteva evitare?

La gente è stanca, non capisce questi continui cambi di colore e soprattutto quanto queste misure siano efficaci (lo sarebbero, se tempestive, ma ci torneremo). La reazione principale, appena arrivato l'annuncio dell'ennesimo passaggio in zona rossa, è stata: "Basta!" E come non condividere, nel sentimento, questo stato d'animo? Spiace ammetterlo ma, allo stato attuale, è stato necessario, seppur tardivo, un lockdown soft (chiamiamolo così, non raccontiamoci neppure per sogno che la zona rossa sia un lockdown come quello che abbiamo vissuto la scorsa primavera; quella è stata ben altra cosa). Perché è necessario? Per "raffreddare" tutto. Richiuderci il più possibile in casa ed eliminare qualsiasi forma di socialità (nei limiti del possibile). Non incontrando nuovi ospiti, il virus per forza di cose non si propaga. Questa è l'extrema ratio: quando tutto il resto ha fallito, ci tocca tirare il freno.

La zona rossa non è una punizione!

Può sembrare ovvio nonchè banale, ma tocca precisarlo: i colori che vengono assegnati alle regioni non sono una punizione ma semplicemente una risposta ad un'allerta più o meno marcata. Eppure, ascoltando i vari Presidenti di regione, ogni volta si ha la sensazione che si sentano messi in punizione quando il colore si “scurisce”. La stessa cosa che poi si evidenzia nei sindaci, quando il dato di incidenza segnalato supera i 250 casi su 100mila abitanti, e, in ultimo in tutti noi cittadini.

Il solito problema: si rincorre il virus anziché anticiparlo

Da mesi sentiamo dire dall'Istituto Superiore di Sanità che con un'incidenza superiore a 50 casi su 100mila abitanti il tracciamento "salta", nel senso che non è più possibile rintracciare e isolare i vari focolai e impedire al virus di correre liberamente. Inoltre ormai è noto che sopra i 250 casi su 100mila abitanti la situazione diventa ingestibile, con gravi conseguenze su ospedalizzazioni e di conseguenza decessi. Prima domanda: ma noi lo sappiamo cosa è l'incidenza su 100mila abitanti? Se la risposta è no, vi consiglio di fare un salto a questo link, in modo da comprendere meglio il discorso successivo. Bene, ora che tutti abbiamo imparato a comprendere questo dato, passiamo alla seconda domanda: ma perchè l'incidenza, a livello provinciale (comunale sarebbe chiedere troppo) viene ignorata (o lo è stata fino all’ultimo Decreto)?

Zona Rossa in Lombardia: si poteva evitare? Facciamo un passo indietro

Torniamo al mese scorso, ai primi giorni di febbraio: la Lombardia, a dispetto di tutte le previsioni funeste promulgate da dicembre, stava vivendo invece una fase di sostanziale tranquillità. Al 13 febbraio, si viaggiava su un'incidenza del tutto accettabile: Milano 102 casi su 100mila abitanti (pensando alla densità abitativa di una metropoli come Milano, l'obiettivo dei 50 casi rimane un sogno erotico per epidemiologi), Sondrio 95, con un dato in calo, Mantova più alta, a 152, ma cmq ancora "gestibile" e in calo. Cremona 93, Bergamo addirittura a 78, con numeri fino a pochi giorni prima da zona bianca!

prov bs spada
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prov milano spada
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prov bergamo spada
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prov mantova spada
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E poi cosa è successo?

C'è un "ma" a questo punto della storia, ed è grosso come una casa, anzi, come una provincia intera: è il dato di Brescia: 256 casi su 100mila abitanti, con trend in impennata. Le varianti del virus sono sbarcate prepotentemente in Lombardia, in particolare in quella zona. Cosa viene fatto a livello provinciale o regionale, da Regione o Governo? Nulla. Anzi, ci si arrabbia pure perché le piste da sci non verranno riaperte, come era stato precedentemente promesso…

Le prime azioni verranno prese solo il 23 febbraio, con incidenza nella provincia di Brescia ormai schizzata a 329. E non saranno azioni incisive, con una “attesa” zona rossa, ma solo con un arancio scuro. Ancora una volta viene scelto, e non parlo solo di Regione, di “non scegliere”. I buoi (nel caso in questione i virus) erano ormai scappati in tutta la regione. E i grafici mostrano chiaramente cosa sia avvenuto dapprima nelle province confinanti e, in seguito, in tutta la Regione.

L’arancione rafforzato il 5 marzo in tutta la Regione e il rosso successivo

“Ormai è tardi”, direbbe Vasco. Alla data del 5 marzo, quando la regione prova a correre ai ripari (e a Roma guardano ancora l’incidenza di 14 giorni prima) l’incidenza delle province sopra citate è diventata questa:

Brescia 547, Bergamo 181, Mantova 312, Sondrio 189, Milano 230, Cremona 287. Servono commenti?

Ora, io di mestiere faccio altro, ma il dato di incidenza ho imparato a masticarlo ormai da tempo. Così come ho imparato a conoscere cosa comporti lasciar salire l’incidenza indisturbata. I provvedimenti tardivi, ormai lo sappiamo, equivalgono a centinaia di vite spezzate che potevano essere evitate. Chi pagherà per tutto ciò? Perché non impariamo dagli errori precedenti?

Perché?

Andrea Demarchi

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