Editoriale | Questa è stata la nostra ultima zona rossa in Lombardia.
Vi sembra azzardata come affermazione? Oltre l’azzardo: i fatti.
Editoriale | Questa è stata la nostra ultima zona rossa in Lombardia.
Editoriale | Questa è stata la nostra ultima zona rossa in Lombardia.
Quella che andrà a concludersi lunedì (o martedì, ancora non è chiaro quando esattamente avverrà il passaggio di colore alla data in cui vi sto scrivendo) sarà la nostra ultima “zona rossa” a livello regionale. Vi sembra azzardata come affermazione? Può darsi, ma ultimamente mi sento pervaso da uno screanzato, quanto inatteso - visto chi vi scrive - ottimismo. Almeno da questo punto di vista.
Oltre l’azzardo: i fatti
I numeri sono in chiara seppur lenta discesa, “dopati” ulteriormente dagli scarsi tamponi festivi in occasione della Pasqua, va sottolineato. L’incidenza, però, finalmente precipita in buona parte dei nostri Comuni del Sud Milano (la situazione è analoga in tutta la Regione). Il termine “precipita” potrebbe trarre in inganno più di una persona, poco avvezza al termine di incidenza. Tutt’altro! Bassa incidenza significa, in parole pover-issim-e, che il virus circola poco. E se poco se ne va a spasso tra un ospite e l’altro (noi esseri umani, in questo caso) lui smette di replicarsi, resta imbrigliato e muore.
L'ultima zona rossa in Lombardia
Quello che vi descrivo è ovviamente un processo lento, lentissimo, che costerà ancora tante vite umane, purtroppo; ma la strada imboccata è ormai quella. Le temperature, dopo questo amarcord di inverno arrivato proprio in questi giorni, andranno via via a salire, ostacolando ulteriormente il “bastardo”, che poco riesce a saltellare allegramente da una persona all’altra se i contatti tra persone avvengono all’aria aperta. E poi i vaccini: sempre più persone verranno “immunizzate” grazie alla prima dose (rafforzata poi dalla seconda). In particolare, nel breve periodo aprile-maggio, questo avverrà per la fascia di età dai 65 anni in su: praticamente il 90% dei deceduti in questo anno di pandemia.
La routine quotidiana
Proprio qualche giorno fa raccontavo il mio stato d’animo attuale, di queste giornate scandite da questa nuova e temporanea normalità: monotona, ripetitiva e allo stesso tempo fugace. Ogni giorno la stessa liturgia: sveglia, colazione, il primo contatto con la realtà già con lo smartphone, poi 12-13 ore di pc interrotte solo da una breve pausa pranzo e dallo spostamento in ufficio nel pomeriggio. Rientro a casa, cena, altre due “menatine” lavorative, un po’ di tv e a letto. E così a ripetersi, ogni santo giorno, quasi un rituale pagano dettato dai tempi.
“E quindi? Che problema è?"
Due anni fa, se mi avessero detto che questa sarebbe stata la mia vita per 15-16 mesi, salvo qualche rara “pausa”, avrei subito pensato: “Piuttosto la morte, così non mi passa più”. E invece proprio questo devo constatare: il tempo mi sta volando. Mi pare ieri che ci si buttava alle spalle il 2020 e siamo già arrivati ad aprile inoltrato. La persona con cui stavo parlando mi ha provocato: “E quindi? Che problema è? Hai trovato una tua serenità, nonostante tutto”. La cosa è banale, quanto stupefacente. Sono fortunato e mi accontento? Può darsi. Ma credo che ognuno di noi, a suo modo, si sia adattato più o meno volutamente a questa situazione che, per forza di cose, finirà. L’essere umano è proprio una splendida creatura: capace di adattarsi e sopravvivere alle più disparate avversità.
Tutto finito dunque?
Assolutamente no. Ora, in realtà, viene la parte più difficile: la ripartenza, la ricostruzione dalle “macerie” lasciate da questi 14 mesi terribili, in termini economici e psicologici soprattutto. Senza dimenticare che, ancora per qualche mese, tutte le attenzioni che in questo periodo abbiamo dovuto osservare non potremo ancora archiviarle nell’album dei brutti ricordi.
Tutte le volte che, ormai giustamente stanchi da tutta questa situazione, pensiamo di “abbassare la guardia” (banalmente abbassando la mascherina, non lavandoci le mani, raggruppandoci senza criterio, per fare qualche esempio) possiamo pensare a questo concetto, una estrema sintesi di tante parole che si spendono ogni giorno sull’argomento: per ogni 23 contagiati in Italia muore 1 persona (stima mortalità 4,3%. Fonte: Iss).
Se, nel nostro piccolo, ognuno di noi in questi mesi avrà contribuito ad evitare 23 nuovi contagi, potrà dire a tutti gli effetti di essere un eroe, avendo salvato la vita ad una persona. Mica male come pensiero, no?
Andrea Demarchi
Ps. (d’obbligo) Ce la stiamo facendo, ne stiamo uscendo, NONOSTANTE tutte le schifezze a cui abbiamo dovuto assistere in questi mesi di pandemia. Ma oggi non mi farò rovinare il buon umore facendo l’elenco infinito delle cose che avremmo dovuto fare meglio.