Trecento persone per l'ultimo saluto a Simone Galli

La chiesa è enorme, ma troppo piccola per contenere tutti.

Trecento persone per l'ultimo saluto a Simone Galli
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Trecento persone per l'ultimo saluto a Simone Galli.

Trecento persone per l'ultimo saluto a Simone Galli

BUCCINASCO – La chiesa è enorme, ma troppo piccola per contenere tutti. Oltre trecento le persone che hanno voluto dare l’ultimo saluto a Simone Galli, 21enne morto troppo presto, in un maledetto incidente in moto ad Assago.

La famiglia stretta nel dolore

I fiori bianchi sulla bara marrone chiaro, una cassa piccola per un ragazzo grande. Seduta vicino, sulle panche della chiesa che piange tutte le lacrime del mondo, c’è mamma Silvana, che non toglie neanche un attimo lo sguardo da quei fiori bianchi, che guarda quel punto con gli occhi annebbiati, sostenuta da papà Riccardo che è una roccia, fuori. Dentro è sgretolato da quel dolore troppo forte per tutti, anche per chi forte lo è sempre stato. Tiziano, il fratello di Simone, è lì vicino, sostiene i genitori in quel peso che piega in due, che brucia la gola, che spacca la schiena, che brucia la pancia.

Le condoglianze dell'Arma e delle autorità

Sulla stessa panca ci sono due carabinieri: il capitano Pasquale Puca della Compagnia di Corsico e il comandante di Buccinasco Vincenzo Vullo. Hanno voluto esserci, portare le condoglianze di tutta l’Arma per quella perdita, per un ragazzo che sognava lui stesso un giorno di indossare la stessa divisa. Hanno voluto stringere la mano al papà, dare una parola di conforto alla mamma. Hanno voluto semplicemente esserci. Come il sindaco Rino Pruiti, come assessori, consiglieri, persone che hanno rappresentato l’abbraccio della città, stretta intorno al loro ragazzo.

Una città stretta in un abbraccio

Perché Simone era il ragazzo di tutti, che ha insegnato a chi resta cosa significa essere generosi, disponibili, determinati, coraggiosi. I sacerdoti sottolineano proprio questo, la vita piena di Simone, il ricordo indelebile del suo sorriso davanti agli amici ora piegati in due dalla sofferenza, con gli occhiali da sole anche se non c’è luce, per nascondere le lacrime. Nel freddo di un pomeriggio di gelo, dove sembra che il cielo cupo voglia far piovere, per piangere anche lui. Ma bastano le lacrime di tutte quelle persone, strette nei cappotti con le mani in tasca a stringere i fazzoletti bagnati. Per salutare Simone sono arrivati colleghi anche dall’estero, hanno preso un volo, hanno voluto esserci. Tutti stretti dietro a quei fiori bianchi a sentire le parole del prete che cita Ungaretti, e le foglie degli alberi d’autunno che cadono, di quella poesia che tutti conoscono.

Alla liturgia mamma Silvana fa il segno della croce, ma non verso l’altare, con sopra il crocifisso. Guarda anche lui quei fiori bianchi, a cui la mamma indirizza l’incrocio delle dita sul petto, simbolo dell’altra vita in cui crede chi crede. “Questo è un momento inconsolabile”, ammette anche il prete, che indirizza la famiglia e gli amici allo spirito religioso che sostiene e protegge. E anche chi non crede spera che la famiglia possa trovare un po’ di conforto in quei pensieri, consapevole di una perdita che toglie il fiato e i battiti al cuore.

Le parole di Sant’Agostino

Il sacerdote cita poi Sant’Agostino e quella frase che consola: “La morte non è niente. Sono solo passato dall’altra parte. È come se fossi nascosto nella stanza accanto. Io sono sempre io, e tu sei sempre tu. Quello che eravamo prima l’uno per l’altro lo siamo ancora. Chiamami con il nome che mi hai sempre dato, parlami allo stesso modo. Continua a ridere di quello che ci faceva ridere, di quelle piccole cose che tanto ci piacevano quando eravamo insieme. la nostra vita conserva tutto il significato che ha sempre avuto: è la stessa di prima. Non sono lontano, sono dall’altra parte, proprio dietro l’angolo. Rassicurati, va tutto bene, Ritroverai il mio cuore. Asciuga le tue lacrime e non piangere se mi ami: il tuo sorriso è la mia pace”.

Ci sarà il tempo per sorridere, per ricordare Simone com’era, come è ancora nel cuore di chi ha avuto il privilegio di conoscerlo. Ora è il tempo del dolore. La cerimonia finisce, i fiori bianchi escono dalla chiesa, vengono inghiottiti dalla macchina lunga. Sul sedile c’è il papà che è stato una roccia, a stringere le mani, a prendersi gli abbracci, a cacciare in gola le lacrime, a ingoiare il dolore. Mentre si allontana su quella macchina lunga, cede per un istante, abbassa gli occhi, dietro di lui ci sono quei fiori bianchi. Forse in quell’istante sente addosso tutto il peso della solitudine, dopo che è stato la montagna per la moglie, per l’altro figlio. Sembra a un passo da sgretolarsi. Poi alza gli occhi dal finestrino scuro, e forse si accorge di centinaia di persone in piedi, chiuse nei cappotti, con i fazzoletti bagnati in tasca, che applaudono Simone per ciò che è stato e ciò che sarà sempre. Si accorge forse che in quel momento quelle persone, tutte quelle persone, sono lì e stanno lì, ferme. Come a dire: non vi lasciamo soli.

Francesca Grillo

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