Morte Davide Astori e quelle polemiche che...

Qui si tratta di dare un significato a una perdita, a una sconfitta, non sportiva ma umana, qua si tratta di estromettersi per un momento dal centro dell’attenzione e donare il nostro tempo alla famiglia e non ai campi di calcio.

Morte Davide Astori e quelle polemiche che...
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Morte Davide Astori e quelle polemiche che...

Morte Davide Astori e quelle polemiche che...

Non si è giocato nell’hinterland. Non si è giocato, e per fortuna. Il tutto era già previsto nei giorni precedenti al weekend, la neve caduta incessantemente sulla provincia di Milano non ha permesso alle squadre di allenarsi al meglio, non ha permesso ai campi di essere pronti per essere solcati, non ha permesso di poter rinviare le partite che, domenica, sarebbe stato giusto rinviare ma non causa neve bensì per omaggiare e rispettare la scomparsa di Davide Astori, capitano della Fiorentina e difensore nel giro della Nazionale da qualche anno. Davide è stato trovato morto nel letto dell’hotel dove risiedeva la squadra viola a Udine, in trasferta per il match contro l’Udinese. Il resto è cronaca che da qualche giorno continuiamo a sentire, a far rimbalzare su siti e social networks.

La tragedia e il dovuto silenzio

La scomparsa di una persona è di per sé una cosa drammatica, tragica, incomprensibile, soprattutto quando si tratta di un ragazzo di 31 anni. La verità, seppur nessuno lo voglia ammettere, è che quando qualcuno di noto, di famoso, quando un personaggio pubblico, uno sportivo, perde la vita, ci tocca un po’ tutti. Ci scuote, ci strugge. Pensiamo di conoscere quella persona perché la vediamo nei nostri schermi ed entra nelle nostre case. Davide non era un giocatore mediatico, non era un ragazzo da social, non era un personaggio che attirava l’attenzione su di sè. Era un uomo normale, era un papà, un compagno, un figlio. Era uno di noi, uno semplice. Semplice, che non vuol dire banale, che non vuol dire scontato, che non vuol dire niente.

Non ho parole

Non solo perché un ragazzo di trent’anni appena non dovrebbe mai morire, non dovrebbe mai mettere a rischio la propria incolumità. Non dovrebbe ma accade e può accadere. Nel dramma, per fortuna, riusciamo a rimanere umani, riusciamo ad appigliarci a un pezzo di dignità e di rispetto e per fortuna i vertici della Lega hanno deciso, su suggerimento dei giocatori che avrebbero preferito non scendere in campo, di rinviare la ventisettesima giornata di Serie A a data da destinarsi. È stata una scelta giusta. È stata la scelta saggia.

Quelli che "eh, ma..."

Questo è quello che mi sento di dire sulla scelta fatta dalla Lega Calcio. Non ho parole, invece, per chi ha voluto criticare, ancora una volta, per chi ha preferito giudicare i giocatori, additandoli come scansafatiche, per chi pensa che “eh, ma gli operai che muoiono tutti i giorni”, per chi, come Dani Alves, “eh, ma i bambini in Siria”, per chi, ancora peggio, ha detto “eh, ma la gente che ha pagato un biglietto per andare a vederli o ha fatto chilometri per godersi uno spettacolo?”. A tutti coloro che hanno solamente pensato che non fosse una scelta corretta rinviare la giornata di Serie A, be’, vi dico che voi non vi meritate nulla. Vi dico che è meglio non avere tifosi come voi, vi dico che è meglio non ascoltare la vostra opinione, vi dico che il rispetto va ogni altra cosa, vi direi di andarvene affa…, solo per averlo pensato, ma può essere che il direttore del Giornale dei Navigli mi chiami e mi dica: “Fabio, per favore, usa toni adeguati”, ma non ve li meritate dei toni adeguati.

Come poter fingere il nulla?

Qui si tratta di dare un significato a una perdita, a una sconfitta, non sportiva ma umana, qua si tratta di estromettersi per un momento dal centro dell’attenzione e donare il nostro tempo alla famiglia e non ai campi di calcio. Io, personalmente, non avrei avuto il coraggio, la sensibilità, la sfrontatezza, di giocare o di veder giocare una partita e festeggiare o imprecare per una cosa effimera, leggera, inutile come un gol, messo a confronto con una vita umana che se ne è appena andata. Suvvia, pensate ancora che rinviare la giornata sia stato un errore? È ovvio che la macchina del gioco del calcio, e della vita più in generale, riprenda, ma è stato giusto fermare questo circo per un giorno, almeno per un giorno, per riportarci un attimo alla realtà, per riportarci per un attimo alla verità: siamo uomini. Soffriamo, perdiamo, sorridiamo, ci emozioniamo e muoriamo. Questa è una certezza, e allora questa certezza vi invito a rispettarla e a non macchiarla con un commento incosciente e assolutamente fuori da ogni logica, non farà di voi uomini migliori, anzi.

Ci ha pensato la neve

E quindi, a questo punto, ci tocca ringraziare la neve, le partite non giocate, il freddo sui campi e gli spalti vuoti, altrimenti ci saremmo ritrovati con una giornata corrotta, macchiata magari da una mancata decisione mancata che non sarebbe arrivata, perché la scelta giusta sarebbe stata non giocare da nessuna parte d’Italia. Il calcio fermo, per un giorno, non sarebbe successo niente, sarebbe stata una giornata di commozione, di commemorazione, di vicinanza e di rispetto nei confronti di un giovane ragazzo che come noi tutti ama questo sport, ha fatto sacrifici ed è morto troppo giovane. Un solo giorno. Perché poi il circo mediatico e sportivo riparte e va avanti e non si volta mai, come la vita, e quindi visto che possiamo, quando possiamo, fermiamoci. Fermiamoci. Una vita vale più di un gioco.

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Fabio Fagnani

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