La strage dei ciclisti: Rebellin e gli altri
Solo nel 2021 sono morte in bicicletta oltre 200 persone .
L'autista del mezzo pesante che ha travolto e ucciso Davide Rebellin ha un volto e un nome: si tratta di un cittadino tedesco di 62 anni, fuggito in Germania dopo l’incidente. Nel 2014 gli era stata ritirata la patente a Chieti per guida in stato di ebrezza.
Dopo l’incidente che è costato la vita a Rebellin, avvenuto il 30 novembre, l’uomo aveva fatto perdere le sue tracce. E’ stato denunciato a piede libero, ma non posto in stato di fermo, perché il codice tedesco non prevede il reato di omicidio stradale. Il camionista tedesco è accusato dei reati di omicidio stradale e fuga del conducente: l’uomo, come spiegato dalla Procura vicentina in una nota, era alla guida di un autoarticolato Volvo con targa tedesca ed è stato riconosciuto grazie alle immagini delle videocamere della zona. Secondo alcuni testimoni il camionista, dopo aver investito Rebellin sarebbe sceso dal suo camion per poi risalire a bordo ed allontanarsi senza fare nulla per la persona che aveva investito.
Il dramma si è consumato poco prima di mezzogiorno lungo la Regionale 11, a Montebello Vicentino. La vicenda ha avuto grande risonanza sui media sia per la particolarità del personaggio, un corridore particolarmente longevo che ha vinto non poche corse importanti, sia perché ancora una volta ha portato l'attenzione verso il tema della sicurezza sulle strade.
Nel 2021 sono morte in bici 220 persone e anche nel 2022 avremo numeri simili. Prima di Davide Rebellin, c’è stato Michele Scarponi; l’Aquila di Filottrano aveva 37 anni e due gemellini; un furgone lo ha investito e ucciso nell’aprile 2017 mentre si allenava nelle sue colline marchigiane. Mercoledì l’ennesima tragedia.
Lo strazio della moglie
Mentre le indagini stanno facendo il loro corso, queste sono le ore del cordoglio e della rabbia per ciò che è avvenuto. Straziante la lettera della moglie Francoise Antonini sui social: “Il mio Angelo, il mio grande Amore… Immaginare la mia vita senza di te mi strazia… l’orrore di ciò che hai passato mi strazia… Andare avanti sapendo che non ci toccheremo mai più, non ci parleremo mai più, non ci sveglieremo mai più l’uno nelle braccia dell’altro mi fa a pezzi…”
“Devastante”. Così l’ex corridore Mario Cipollini – con il quale Rebellin ha corso nella stessa squadra al suo esordio tra i prof – ha commentato la scomparsa del corridore veneto. E Re Leone ha aggiunto: “Che la terra ti sia lieve. Ci ritroveremo tutti e continueremo a pedalare sulle strade dell’infinito… chissà quanti pseudo chilometri faremo tutti assieme… rispetto all’eternità ci divide un battito di ciglia”.
Sulle strade si muore
Il dramma di Rebellin fa emergere ancora una volta il problema della sicurezza sulle strade. Fra le ultime vittime Manuel Lorenzo Ntube, un sedicenne che giocava a calcio nelle giovanili del Padova che è morto a Ferrara mentre era in sella travolto da un Suv. Era il fratello di Michael Ntube, difensore dell’Albinoleffe e tra le fila della Pro Sesto nella stagione 2020/21. Ieri, sabato 3 novembre, A Binasco, sud di Milano, una mamma che stava portando il figlio a scuola in bici è stata investita con il figlioletto: ricoverati in ospedale, lei è grave. Al vaglio le dinamiche degli incidenti.
La carriera di Davide Rebellin, il 2004 l’anno migliore
Si piange in questi giorni la morte di un corridore che è stato un campione. Nelle categorie giovanili ebbe modo di mettersi in mostra e dopo essere stato campione del mondo da juniores nella 70 km, ha esordito tra i professionisti nel 1992 subito dopo le Olimpiadi di Barcellona approdando alla GB-MG con corridori del calibro di Mario Cipollini, Franco Chioccioli e Franco Ballerini. Nella stagione successiva arriva la prima vittoria con la conquista della classifica finale della Hofbrau Cup in Germania. Fra le classiche conquistate da Davide la Clásica San Sebastián, il Gran Premio di Svizzera.
Cacciatore di “classiche”
Rebellin è stato il classico corridore che si esprimeva al meglio nelle corse di un giorno. Aveva fondo, andava bene in salita, si esprimeva al meglio negli strappi. La sua dote migliore è stata la volontà di allenarsi, pedalare, far fatica. Il suo amore per il ciclismo è stato incrollabile tanto da spingerlo a correre fino ai 50 anni suonati.
Nel 2008 conquista la medaglia d’argento ai Giochi Olimpici di Pechino, medaglia che venne tolta l’anno successivo per l’accusa di positività al Cera, ma dopo sette anni è stato assolto da ogni accusa dal Tribunale di Padova.
Nell’ultima parte della stagione ha continuato a correre in squadre minori sino al termine di questa stagione, nella quale ha difeso i colori della Work Service.
Angelo De Lorenzi
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