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Alimentazione Vegan: come si sta adattando il mercato a questa corrente?

Alimentazione Vegan: come si sta adattando il mercato a questa corrente?
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Addentrandoci nella macroarea dell’alimentazione e del food quello della sensibilità verso gli animali è un filone sempre più condiviso, fonte di dibattito e spesso di accese discussioni.

L’attenzione verso il mondo animale a la spinta ideologica sempre più marcata verso il “cruelty free” si sente soprattutto tra le fila delle nuove generazioni e si concretizza in una corrente che si estende nel suo piccolo a macchia d’olio e che sta dando un’importante risonanza al mercato alimentare: dalla GDO, al retail passando per il food e business delivery (a Milano sicuramente, così come in altre importanti città italiane del calibro di Bologna e Roma fino ad arrivare alle più piccole).

Stiamo parlando del movimento Vegan, che solo in Italia vede (dati al 2022) l’1,3% della popolazione coinvolta: parliamo di circa 800.000 persone. Come anticipavamo, questo dato si dimostra vero soprattutto tra i più giovani, considerando che nella fascia d’età 25-34 il 6,4% del totale ha abbracciato questo tipo di alimentazione.

Questo cambio di direzione è tangibile, si riflette sul mercato e si respira nel quotidiano. Come?

L’influenza del movimento vegan nella grande distribuzione organizzata

Il cambiamento di direzione è palpabile anche nella vita di tutti i giorni. Basta dare uno sguardo tra i volantini e gli scaffali del supermercato per rendersi conto di quanti prodotti plant based si stiano diffondendo, prodotti che fino a qualche anno fa rappresentavano una percentuale molto più bassa tra quelli disponibili.

Parliamo di prodotti che non vengono consumati soltanto da persone vegane o vegetariane ma di proposte apprezzate da una vasta gamma di consumatori.

Tra questi infatti ritroviamo anche chi la carne la consumerebbe ma che si rende conto della grave emergenza idrica che ci sta travolgendo. In che modo la carne sta avendo un impatto sulla situazione climatica? Tutto sta nell’impronta idrica che viene generata dalla produzione di uno e dell’altro alimento. Produrre 1 kg di carne costa all’ambiente 15,400 lt d’acqua; produrre 1 kg di pomodori ne costa 200 lt. La differenza è immediatamente visibile.

Le persone iniziano a chiedersi se questo sia uno stile di vita percorribile ancora per molto e la risposta si riversa inevitabilmente nelle abitudini alimentari.

La spinta plant based nel delivery

Allo stesso modo, tutto questo si estende come una raggiera in ogni dimensione del mondo del food: come nei negozi fisici così nel ramo del delivery. Parliamo in questo caso sia del classico servizio di delivery che ormai tutti conosciamo e di cui la stragrande maggioranza di noi fa uso, sia della sua declinazione business. Se è vero che nel tempo libero e tra le mura domestiche amiamo consumare ciò che più ci piace, è altrettanto vero che anche quando si tratta di lavoro non si possono trascurare quelle che sono le inclinazioni altrui (ad esempio un cliente).

Ecco allora che anche le proposte dei ristoranti che offrono servizio di delivery o attività che si occupano prevalentemente di business delivery aggiustano il tiro, arricchendo il loro catalogo con proposte che fino a quel momento non erano state considerate ma che effettivamente sono potenzialmente intriganti per un certo tipo di target. Soprattutto nel settore B2B questa rappresenta una mossa astuta per evitare situazioni spiacevoli.

Quali le proposte plant based da valutare?

Abbandoniamo il luogo comune secondo il quale abbracciare un’alimentazione vegetale voglia dire rinunciare ai piaceri della vita. Esistono tantissime proposte plant based in grado di soddisfare anche i palati più esigenti, basta guardarsi intorno e non limitarsi alla classica insalata. Con un po’ di inventiva si possono creare infinite ricette dall’impronta vegana grazie alle tantissime proposte presenti attualmente nei supermercati vista la appena citata attenzione verso questa fetta di popolazione. Ma non necessariamente occorre ricorrere a piatti “già pronti”, basta avere consapevolezza del potenziale di ogni alimento: dalle verdure, ai legumi, alla pasta, la frutta, i cereali e così via.

Altrettanto accade nei ristoranti dove quasi sempre sono presenti dei piatti vegetali, complice in qualche modo anche il trend di settore. A volte non serve neanche guardare troppo lontano considerando che molti piatti della nostra tradizione sono per natura (ma involontariamente) vegani. Tra i più conosciuti: la focaccia barese, la pasta nelle sue innumerevoli forme, la ribollita, la panzanella, svariati dolci, la farinata, la caponata, le zuppe, e via discorrendo.

Nel caso del business delivery invece bisogna avere un occhio di riguardo in più trattandosi di pranzi di lavoro, eventi aziendali e/o catering. In tutte queste circostanze il consumatore finale è quasi sempre un cliente. Va da sé che le proposte devono spaziare, dalle più versatili alle più gourmet, in funzione dell’occasione di consumo. Si può optare per delle eleganti monoporzioni di risi&grani arricchite con delle verdure, dei legumi o perchè no, della frutta: non bisogna avere paura di osare, anche gli accostamenti più particolari possono risultare vincenti. Gli stessi semplici tramezzini possono adattarsi a questo proposito vista la vasta gamma di “finta carne” in commercio. Ovviamente non possono mancare i dolci, i quali sono ormai ri-adattabili ad ogni esigenza.

Insomma, scegliere un’alimentazione vegana non vuol dire in nessun modo rinunciare al gusto, grazie anche ad un mercato che si sta muovendo sempre più velocemente in questa direzione.

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