MARCO MENGONI debutta a Torino: Dall’Africa a Cuba sempre più Umano

Vi raccontiamo qualcosa del concerto di ieri sera nell'attesa di vederlo a Milano (1-2-4-5 maggio)

MARCO MENGONI debutta a Torino:  Dall’Africa a Cuba sempre più Umano
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MARCO MENGONI debutta a Torino: Dall’Africa a Cuba sempre più Umano.

MARCO MENGONI debutta a Torino: Dall’Africa a Cuba sempre più Umano

TORINO - Ho sempre valutato gli artisti e le loro performances con un metro emotivo,  sfiorata appena dalla perfezione tecnica. Mi commuovono le imperfezioni se contengono un mondo da raccontare, parole necessarie e suoni mai banali.

Il debutto

E’ presto detto quindi che dello spettacolo di Marco Mengoni, al debutto a Torino, mi è arrivata l’urgenza e la sincerità. La voce che si spinge  su note impensabili senza strafare (Proteggiti da me), il bisogno di affermare le proprie idee piene di umanità profonda e vuote di plastiche e surrogati. La produzione, le passerelle laterali che salgono a 7 metri di altezza,  la parete industriale del fondale dove l’artista sembra sospeso in un video in 3D che si muove al ritmo delle sue braccia, sono solo l’involucro eccezionale di un ragazzo pieno di talento, idee, inquietudine che sul palco porta innanzitutto il suo cuore, ora sicuramente più protetto rispetto a 10 anni fa ma sempre sensibile agli urti della vita.

Due chiacchiere dopo lo show

“Sono sempre in preda alle emozioni quando salgo sul palco – racconta dopo il concerto – ma ora riesco a gestirle meglio”. Marco Mengoni è il ragazzo che sente l’urgenza di inserire monologhi durante lo spettacolo, che ricorda che siamo fatti del 60% di acqua, 30% delle persone che amiamo e 10% di quello che ci manca e che stigmatizza l’indifferenza. Come racconta una delle sue canzoni fondanti: credo negli esseri umani che hanno il coraggio di essere umani.

Lo show

Il palco nella testa di Marco Mengoni ha cominciato a prendere vita tre anni fa e ha subito delle piccole modifiche fino a poche ore dal debutto, così come i viaggi che gli hanno insegnato la musica e il linguaggio del mondo, dall’Africa al Sudamerica passando per Cuba che entra con una contaminazione perfetta tra Chan Chan (Compay Segundo) e Buona vita. Lo show (ideato con Claudio Santucci e Giò Forma) è sviluppato in tre parti. Si inizia con il bianco e nero e la forza dirompente di Muhammad Ali e Marco in primo piano. Il palco si svela solo con Voglio e le immagini scorrono mostrando su Dove si Vola anche immagini della città che ospita il tour (ieri la Mole Antonelliana) con un finale emozionale che sfocia in Someone like you di Adele. Il secondo tempo è l’esplosione dei colori, del ritmo, de La casa Azul, Amalia, e Onde.

Il finale

Guerriero apre il terzo round e per me è impossibile non pensare alla tenacia e alla volontà che hanno portato Marco fino a qui, a 7 metri di altezza a raccontare al mondo che il talento è nulla senza la volontà. Un artista vero, ispirato, un ragazzo che ancora crede agli abbracci e che quando afferma “lo spettacolo è fatto da tutti e non solo da me” lo dice con sincerità e non per forma. Il finale lo vede per la prima volta al pianoforte con L’essenziale e Hola. Ci sarà  Tom Walker in qualche tappa? Qualcuno ipotizza a Milano (1-2-4-5 maggio) ma non c’è alcuna conferma.  Nella sincerità dell’incontro con i fans c’è anche un momento in cui Marco chiede il buio degli smartphone ed una condivisione reale e non filtrata da uno schermo. E’ un po’ come se ribadisse l’importanza del momento da vivere, senza l’urgenza di mostrare. Una sorta di profeta moderno che prova a restituire un po’ di gesti, di abitudini primarie, un po’ di vita, buona.

Paola Gallo

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