Smaltimento illecito di rifiuti in discariche abusive: maxi operazione dei carabinieri VIDEO e FOTO

Eseguite 16 misure cautelari, sequestrati 9 capannoni industriali e mezzi. Un profitto di circa 2 milioni e mezzo di euro.

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Smaltimento illecito di rifiuti in discariche abusive: maxi operazione dei carabinieri.

Smaltimento illecito di rifiuti in discariche abusive: maxi operazione dei carabinieri

MILANO – L’operazione è scattata questa mattina in Lombardia, Piemonte, Liguria, Emilia Romagna, Calabria e Sicilia, grazie ai carabinieri del Noe che hanno messo in campo 200 militari, impegnati nell’esecuzione delle ordinanze di misura cautelare (sei in carcere, tre agli arresti domiciliari e sette con obbligo di firma) emesse dal gip del Tribunale di Torino Giacomo Marson su richiesta della Dda.

 

Sequestrati nove capannoni industriali. Un profitto di circa 2 milioni e mezzo di euro.

I destinatari della misura sono ritenuti responsabili di traffico illecito di rifiuti in concorso e realizzazione di discariche abusive in Piemonte, Lombardia e Veneto. Nel corso delle indagini, sono stati sottoposti a sequestro nove capannoni industriali riconducibili ad aziende operanti nel campo del trattamento dei rifiuti, insieme a vari automezzi, anche appartenenti a società di trasporto, utilizzati nelle attività criminali, per un importo complessivo di circa 3 milioni di euro.

I rifiuti provenivano da varie regioni del Nord Italia

Le attività investigative, condotte dal Nucleo Operativo Ecologico Carabinieri di Milano e coordinate dalla Dda di Torino, hanno consentito di individuare l’esistenza di un gruppo criminale operante nel campo del trattamento e trasporto dei rifiuti, dedito alla gestione e smaltimento illecito di ingenti quantitativi costituiti da rifiuti indifferenziati urbani e speciali provenienti prevalentemente da varie regioni del Nord Italia, attraverso lo stoccaggio e il successivo abbandono in capannoni industriali dismessi.

Le discariche abusive

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In questo modo, il gruppo creava numerose discariche abusive, localizzate e sequestrate nelle località di Sale (AL), Breda Di Piave (TV), Oltrona San Mamette (CO), Ossona (MI), Cerrione (BI), San Pietro Mosezzo (NO), Pregnana Milanese (MI), Romentino (NO), Caltignaga (NO) e Momo (NO).

Le indagini

Le indagini hanno avuto origine da un monitoraggio condotto dal Gruppo CC TA di Milano, responsabile del coordinamento dei dieci Nuclei Operativi Ecologici del Nord Italia, sul fenomeno degli incendi ai danni degli impianti formalmente autorizzati alla gestione dei rifiuti e di diversi capannoni industriali adibiti a discariche abusive, avviato nel marzo 2018. Un’organizzazione dedita al traffico illecito di rifiuti che gravitava sulle società Tommasi Srl di Sale (AL) ed Eco Ambiente di Caltignana (NO).

Il modus operandi

Ogni componente aveva un ruolo: i produttori di rifiuti o i primi ricettori dei rifiuti erano soggetti solitamente in regola con le autorizzazioni e interessati al conferimento di grossi quantitativi di rifiuti verso imprese autorizzate, almeno formalmente, a riceverli. Si tratta di società solide sia dal punto di vista patrimoniale che da quello economico, con numerosi rapporti contrattuali per la raccolta di rifiuti. Provare il coinvolgimento di questi soggetti nel traffico di rifiuti è stato difficoltoso, vista la regolarità formale del loro operato.

Le società fittizie

Poi c’erano gli imprenditori titolari di una formale autorizzazione al trattamento dei rifiuti utilizzati dai primi per il conferimento apparentemente regolare, ma in realtà poi destinati a capannoni adibiti a discariche abusive e mai smaltiti regolarmente. In questo caso si tratta di società non patrimonializzate, spesso gestite da prestanome e destinate ad avere una durata breve nel tempo. I trasportatori erano titolari di regolare autorizzazione al trasporto: si prestavano a portare i rifiuti verso siti non autorizzati, con documentazione falsa o irregolare. C’era poi chi si occupava del reperimento dei capannoni da adibire a discarica abusiva, proponendoli ai produttori (o intermediari) dei rifiuti e agli imprenditori titolari della formale autorizzazione. In ultimo, facevano parte del gruppo i soggetti che si occupano anche dell’intermediazione abusiva nel settore, mettendo in contatto i produttori/intermediari dei rifiuti con le imprese formalmente titolate a ricevere rifiuti e con i trasportatori.

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Due le operazioni illegali

Due le operazioni illegali: i cosiddetti “trasbordi”, con i rifiuti scaricati e stoccati per alcune ore in specifici siti. Il materiale veniva poi caricato su un mezzo (chiamato “navetta” nel gergo degli indagati) di proprietà di una ditta di fiducia e smaltiti abusivamente presso i capannoni industriali prescelti. La seconda operazione era denominata “giro bolla”: il gestore dell’impianto fa apparire adempiuti gli obblighi di ricevimento e recupero senza in realtà neanche scaricare dal mezzo i rifiuti ricevuti con regolare formulario di identificazione. In parallelo, all’autista del mezzo che li trasferisce viene rilasciato un documento di trasporto che attesta formalmente il trasferimento di materiale ottenuto da operazioni (fittizie) di recupero e/o riciclaggio.

L’apparente legittimazione formale all’attività con la richiesta allo Sportello Unico Attività Produttive

Il modus operandi prevedeva inoltre la presentazione presso lo Sportello Unico Attività Produttive di un’istanza diretta ad avviare un procedimento amministrativo al fine di ottenere un’autorizzazione in regime semplificato per il recupero di rifiuti non pericolosi. Una richiesta che rappresenta spesso un particolare escamotage amministrativo a cui fare ricorso per eludere i controlli, perché fornisce un’apparente legittimazione formale all’attività.

Utilizzavano anche lavoratori extracomunitari in nero

Il gruppo utilizzava inoltre manovalanza spesso extracomunitaria, pagando a giornata e in nero le prestazioni. Inoltre, per comunicare, avevano telefoni intestati a prestanome. I rifiuti venivano poi immessi nel circuito illegale utilizzando un falso codice dell’elenco europeo dei rifiuti (Eer) riferito prevalentemente a “plastica e gomma” oppure a “imballaggi di materiali misti”,  cioè rifiuti su cui è ancora possibile un recupero di materia, invece del corretto codice corrispondente ai materiali che non presentano frazioni valorizzabili, che possono quindi essere smaltiti solo in discarica autorizzata o termovalorizzatore.

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