I metodi feroci degli usurai di Corsico: "Se non paghi ti faccio uscire il sangue"
Moglie e figlio hanno proseguito nel "business" dell'usura dopo la morte dell'uomo che da tempo prestava soldi a persone ad imprenditori in difficoltà con tassi elevatissimi.
Moglie e figlio avevano preso il posto nel "business" dopo la morte dell'uomo che da tempo prestava soldi a persone ed a imprenditori in difficoltà con tassi elevatissimi.
La scomparsa dell'usuraio nel 2021
CORSICO – Il business dell'usura era stato ereditato dal padre, Francesco Zurolo, pluripregiudicato e sorvegliato speciale prima di morire, nel 2021.
Moglie e figlio continuano il "business"
Quando è scomparso, la moglie Elena Balzano, 59 anni di Corsico, e il figlio Maurizio, 41 anni di Trezzano, hanno continuato a “lavorare” prestando soldi agli imprenditori in difficoltà per poi chiederli indietro con interessi altissimi e condizioni massacranti. Sono finiti in carcere entrambi, accusati di tentata estorsione e usura.
Tutti e due in carcere per tentata estorsione e usura
Nella borsa della donna, i carabinieri della Compagnia di Corsico guidati dal tenente colonnello Domenico La Padula e dal tenente Armando Laviola hanno trovato soldi fascettati, mentre in casa teneva un quaderno con scritti i nomi dei debitori e di chi aveva invece rispettato i patti e pagato quelle cifre altissime, chieste per ripianare i debiti dovuti dalla crisi.
L'imprenditore edile corsichese che ha fatto partire le indagini
Anche l'imprenditore di Corsico che si è rivolto ai carabinieri denunciando tutto diceva di trovarsi in difficoltà. La sua impresa edile dopo l'emergenza covid aveva avuto una battuta d'arresto e anche l'edicola di Corsico non navigava in buone acque. “Io mi sono fatto già 20 anni di galera”, lo intimidiva Francesco per convincerlo a pagare. E con prestiti e aiuti era riuscito a saldare il primo debito.
Le minacce verbali del figlio Maurizio
Poi, ha chiesto aiuto al figlio Maurizio che per convincerlo a pagare usava gli stessi feroci metodi: “Guarda che ti mando in ospedale, ti faccio occupare la casa, poi ti aspetto giù e ti riempio di mazzate, il sangue ti faccio uscire”. È stata la paura a convincere l'imprenditore a denunciare tutto, il timore di essere ammazzato: “Questa non è gente con cui puoi parlare, questi vanno pagati”, confidava al socio per convincerlo a prestargli i soldi e ripagare il debito.
Come agivano con le vittime dell'usura
Il denaro era concesso dietro ricezione, all'atto della consegna, di un assegno con importo pari a quanto chiesto, più il 10%. Le vittime dell'usura dovevano poi versare ogni mese, anche in due tranche, gli interessi pari al 10% del prestato. Si potevano dire liberi solo dopo aver pagato l'intero debito in un'unica soluzione. In totale, gli usurai avevano guadagnato oltre 250mila euro, prestando soldi a imprenditori di Corsico, Trezzano, Gaggiano, ristoratori di Cesano, imprese di Milano. Persino a chi, un tempo, era vicino alle cosche dei Barbaro e Papalia, pienamente addentrato nelle dinamiche mafiose ma ormai caduto in disgrazia.
Le indagini che li hanno smascherati
Decine di pagine dell'inchiesta condotta dai carabinieri di Corsico e coordinata dal pm Francesca Gentilini hanno evidenziato conversazioni e scambi telefonici indubbi: figlio e madre, che aveva prestato soldi anche a parenti, alle stesse condizioni, avevano messo in piedi una “strutturata e ramificata attività di prestiti usurai”, si legge nelle carte, a cui gli imprenditori si affidavano e rivolgevano, pur consapevoli delle condizioni strozzanti a cui si sarebbero sottoposti.