Fuori dalla caserma gli applausi al killer di Rozzano FOTO
“Ha molestato mia figlia, dovevo farlo fuori”, ha dichiarato nelle oltre 6 ore di interrogatorio.
Fuori dalla caserma gli applausi al killer di Rozzano.
Fuori dalla caserma gli applausi al killer di Rozzano
ROZZANO – Fuori dalla caserma lo aspettano gli amici, qualcuno della famiglia. Ragazze che si abbracciano e piangono, giovani uomini schierati davanti al cancello aspettano, per oltre sei ore.
Oltre sei ore di interrogatorio
Quelle passate davanti al pm Monia Di Marco e al comandante dei carabinieri di Rozzano Massimiliano Filiberti: davanti a lui si sono presentati ieri, verso le 13, i due responsabili dell’omicidio di A.C., 63 anni. “Siamo noi quelli che cercate”, hanno detto davanti al comandante. Poi, sei ore di racconto dove è venuto fuori il movente, ormai già noto in città, e poco altro. “Ho fatto tutto io, lui non c’entra nulla”, ha detto cercando di scagionare (almeno in parte) il 26enne A.M. che era con lui, E.S., 35 anni, il killer di Rozzano che ha sparato cinque colpi verso il suo ex suocero, di cui quattro mortali, al collo e al petto.
La dinamica in breve
Lo ha ucciso in fondo a via Venezia, di fianco al parchetto dove giocano i bambini. C’erano anche i suoi nipoti, lì davanti, quando hanno visto i due avvicinarsi in motorino, chiamarlo per nome e sparargli. Poi sono corsi via, ma già tutti in città sapevano chi era stato ad ammazzare il 63enne, e perché.
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"Dovevo farlo"
“Ha molestato mia figlia, dovevo farlo fuori”, ha detto E.S. per cercare di spiegare il motivo di quell’agguato. Si parla di una storia di abusi avvenuta quest’estate, di cui la figlia, neanche dieci anni, non ne ha parlato subito alla mamma, ex compagna di E.S., ma ha trovato il coraggio solo dopo un paio di mesi. La vergogna, l’imbarazzo, avevano impedito alla piccola di rivelare che il nonno materno si comportava come nessuno avrebbe mai dovuto.
Fatti “gravissimi”
Fatti “gravissimi” di cui gli inquirenti non parlano, per doveroso rispetto nei confronti della piccola. Fatti che rimanevano da accertare attraverso il procedimento penale che era in corso sul nonno, denunciato subito, appena la bimba è stata portata in ospedale per gli accertamenti. Il papà della piccola ha saputo tutto dopo qualche giorno e la rabbia lo avrebbe fatto partire subito per Napoli, dove viveva l’ex suocero, "per ammazzarlo".
Convinto a non partire per Napoli
"Ma glielo abbiamo impedito, gli abbiamo detto che non doveva scendere, che doveva lasciar perdere”, lo avevano convinto amici e famigliari. E lui gli aveva dato retta. Ma poi, quello sgarro di vederlo nella sua città, Rozzano, non è andato giù al 35enne. L’ex suocero non doveva presentarsi nella città dove viveva il 34enne: tutti sapevano cosa era successo e farsi vedere così, come se nulla fosse, è stato troppo pesante da sopportare. E così, proprio il giorno in cui la piccola doveva sottoporsi all’incidente probatorio per quella brutta storia, il papà ha deciso di giustiziare il responsabile delle molestie, secondo il suo processo con condanna a morte.
"Io guidavo e basta"
Lo ha cercato (e qui c’è da indagare sulla premeditazione), magari aiutato da qualcuno che gli ha dato la soffiata su dove si trovava l’uomo lunedì pomeriggio, e l’ha ucciso. A.M., il 26enne alla guida, ha detto di non sapere “le sue intenzioni, io guidavo e basta, poi quando ho capito cosa stava per fare ho avuto paura”. Il giovane è “un uagliuncello tranquillo”, mormorano in città, uno dei tanti ragazzi di cui si circondava E.S. anche per i suoi affari.
Il passato del killer di Rozzano
Il giovane era incensurato, al contrario del killer su cui pesano numerosi precedenti, soprattutto per droga e reati contro il patrimonio. Davanti al magistrato ha parlato, senza spavalderia, ma non ha voluto rivelare dove ha fatto sparire la pistola. A rimediarla uno come E.S., con tanti giri e contatti tra Napoli e la periferia di Milano, non ci avrebbe messo molto. Si è fatto giustizia da solo, “ma in carcere ci entra a testa alta”, dicono in molti, prendendo le difese del killer.
"Ha fatto bene"
“Ha fatto bene, ha aspettato anche troppo ad ammazzarlo”, chiacchierano in città. E poi, quella dimostrazione di affetto e di stima, fuori dalla caserma, dopo ore di attesa di interrogatorio e di conferma del fermo. Una dozzina di amici grida il suo nome e gli fa coraggio. Mentre i carabinieri lo portano via, verso gli anni da passare in carcere, solo applausi per il killer di Rozzano.
Francesca Grillo
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