Vasco Brondi spegne le Luci della centrale elettrica

Il concerto ha ripercorso le diverse tappe della discografia del cantautore ferrarese.

Vasco Brondi spegne le Luci della centrale elettrica
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Vasco Brondi spegne le Luci della centrale elettrica.

Vasco Brondi spegne le Luci della centrale elettrica

Si spengono i riflettori sulle Luci della Centrale Elettrica. Lo scorso 14 gennaio a Milano al Teatro Nazionale Vasco Brondi, ha deciso di mettere fine al suo progetto musicale. Un viaggio, lungo dieci anni, che ha traghettato non solo il cantautore, ma migliaia di ragazzi, verso i trent’anni, attraverso le incertezze di “questi cazzo di anni zero”.

Un viaggio lungo dieci anni

Partito da Ferrara, Brondi ha dato voce alla provincia, alla noia, al viaggio, alla poesia, al sogno dando origine, volente o nolente, a quello che è oggi il nuovo modo di approcciarsi alla musica pop italiana, con un lessico del tutto inaspettato, quasi mai comune, con assonanze e ritmi serrati. Un flusso di pensieri criptico e freddo che, dal 2008 a oggi, ha dato pian piano spazio a sonorità più intriganti, lontane ed evocative.

Il concerto

Il concerto ha ripercorso le diverse tappe della discografia del cantautore ferrarese, che ha proposto vecchi classici e nuovi brani con arrangiamenti inaspettati e molto intimi. La stessa atmosfera onirica che è riuscito a ricreare anche al Nazionale, tra un pezzo chitarra e voce, una citazione di Calvino e un tributo ai CCCP, con una delicatissima versione di Amandoti. E anche se per Montale “Milano è un enorme conglomerato di eremiti” nessuno si è sentito solo a quest’ultimo concerto per dire addio a un’importante pezzo di giovinezza.

Vasco Brondi ha fatto volare i suoi ascoltatori su “Costellazioni” nuove, li ha visti “felici da fare schifo” o “tremare come la California”, e loro in cambio gli hanno “aperto il charkra” del loro cuore. Le canzoni delle Luci resteranno sempre lì, come “un amuleto nella tasca interna del giubbotto”, nonostante siano passati dieci anni e Brondi abbia deciso di scrivere la parola fine.

Roberta Campagna

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