INTERVISTA AL SINDACO SIMONE NEGRI

Transizione ecologica e comunità energetiche: a che punto è il Comune di Cesano con “il cambiamento”

La quarta parte della nostra inchiesta ci porta a Cesano Boscone per fare una lunga chiacchierata con il sindaco Simone Negri.

Transizione ecologica e comunità energetiche: a che punto è il Comune di Cesano con “il cambiamento”
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Torniamo a parlare anche in questo numero di transizione ecologica e comunità energetiche. Non paroloni gettati a vanvera in maniera astratta da molti politicanti nazionali, ma andando a bussare alla porta di chi governa il nostro territorio.

A che punto è il Comune di Cesano con “il cambiamento”?

CESANO BOSCONE - Questa settimana è il “turno” di Cesano Boscone, Comune amministrato dal sindaco Simone Negri (centro sinistra), al suo secondo mandato come Primo Cittadino. Una lunga “chiacchierata virtuale” dove, oltre a raccontarci come si sta muovendo il suo Comune, ci aiuta a comprendere quali siano i limiti attuali e i vantaggi futuri di un vero cambio di prospettiva, per tradurre in realtà quelli che al momento, a livello nazionale, sembrano solo vuoti contenitori con cui riempirsi la bocca. Grazie per averci risposto sindaco.

L'intervista al sindaco Negri

Sentiamo molto parlare di transizione ecologica e poi, quello che dovrebbe esserne un pilastro, la creazione delle comunità energetiche, è fermo al palo, salvo rare eccezioni. Di cosa si tratta e perché, secondo Lei, non è stata la prima scelta da parte delle Amministrazioni locali?

La transizione ecologica è tema molto ampio e che copre diversi aspetti anche delle politiche locali su cui siamo attivi. Penso alla mobilità, sia nell’ottica di favorire le alternative all’auto, a potenziare il trasporto pubblico ed il car sharing, a nuove soluzione viabilistiche volte a ridurre inquinamento e traffico. Penso al ruolo a livello urbano delle alberature e del verde in generale per contrastare le isole di calore; alla gestione dei rifiuti nell’ottica della loro riduzione, della loro differenziazione e dell’economia circolare.

Certo, il periodo è dominato dall’energia, su cui però non possiamo pensare che la soluzione ai nostri problemi sia l’installazione di qualche pannello fotovoltaico. Dobbiamo cioè rivedere complessamente il nostro rapporto con l’energia: efficientare gli edifici e tutte le apparecchiature deve andare di pari passo con l’autoproduzione e, sottolineo, con un presidio puntuale, una gestione ed un utilizzo consapevoli. La sfida di queste settimane è mettere in fila tante piccole attenzioni.

Per quanto riguarda le comunità energetiche rinnovabili, sotto molti aspetti possono rappresentare una rivoluzione: per il grado di consapevolezza sull’energia del cittadino che diventa produttore e consumatore al contempo, per trasformare il tema in questione sociale e di cooperazione tra soggetti diversi, infine per la convenienza economica che oggi comportano. Non sono ancora realtà, salvo qualche sparuto progetto-pilota, perché mancano dei decreti attuativi a livello governativo, per le scarse competenze presenti ovunque e pure nella PA in fatto di materia energetica, per la complessità e qualche timore rispetto all’estensione della rete.

Può essere realtà un domani creare una comunità energetica a Cesano? Pensate di coinvolgere i Comuni vicini?

Noi ci stiamo lavorando. Sarà tema della giunta di giovedì. Pensiamo di portarci avanti e di lanciare una manifestazione d’interesse rivolta alle diverse realtà presenti nel territorio. Vogliamo farci trovare pronti quando gli ultimi dettagli legislativi saranno chiariti. Per questo, nel frattempo, vogliamo coprire i nostri tetti di pannelli fotovoltaici. Non escludo che si possa ragionare con gli altri comuni ma un tema mi è già chiaro: uno dei rischi delle comunità energetiche è la creazione di una rete di attori troppo diversi ed estesa che potrebbe rendere la gestione parecchio faragginosa e difficile. Almeno inizialmente c’è la necessità di operare con piccoli modelli anche per impadronirsi delle competenze necessarie e per capire, strada facendo, quali possono essere gli aspetti più critici.

Quali tempi di realizzazione prevedete eventualmente?

Realisticamente e confidando in un intervento normativo chiarificatorio e stabile, credo che in due anni potremmo far partire la prima esperienza.

Quanto è il risparmio che si può ottenere con le misure da voi attuate?

Ad oggi, tenendo conto degli interventi degli ultimi anni, noi siamo riusciti ad intervenire sul 20/25% dei nostri consumi energetici. Abbiamo operato su diversi edifici, soprattutto le scuole, attraverso nuovi serramenti, cappotti, valvole termostatiche, abbiamo sostituito diversi lampade con i LED, siamo intervenuti su vecchi locali caldaia. Inoltre abbiamo riqualificato tutta la rete di illuminazione pubblica, operazione che ci ha permesso i ridurre i consumi unitari del 65-70%. Ovviamente dal punto di vista economico stiamo subendo gli aumenti legati ai maggiori costi del gas e della luce. Ma sicuramente quanto fatto negli ultimi anni sta aiutando…

Perché, a Suo avviso e semplificando all’estremo il discorso, non è stato previsto dai Governi di mettere pannelli fotovoltaici sopra ad ogni tetto disponibile? Non sarebbe stato un primo vero passo verso una transizione green?

Lo sarebbe stato. Vero è però che solo negli ultimi mesi questo tipo di investimento si sta rendendo conveniente su larga scala. Detto questo, la politica energetica del nostro Paese è stata veramente poco avveduta e credo sia giusto essere critici perché è proprio mancata una strategia energetica nazionale, forse dall’addio al nucleare in poi. Siamo uno stato che dipende troppo dagli approvvigionamenti esteri e tale questione avrebbe dovuto preoccupare i vari governi che si sono succeduti, destra o sinistra che fosse. Non è stato così e si è pensato esclusivamente a firmare contratti convenienti – in quel dato momento - in giro per il mondo.

Cosa blocca/rallenta questo processo? A Suo avviso c’è un reale interesse a cambiare il futuro delle nostre città?

Mancano parole di verità. La transizione cui siamo chiamati non è semplice e mette in discussione i nostri stili di vita: l’idea di un benessere basato sull’accumulazione e sul consumo ad interesse esclusivo del singolo che si disinteressa dell’insieme. In passato purtroppo questa esigenza è stata mal interpretata da chi si è accontentato di fare testimonianza o di non associare l’idea di una svolta green a solide basi scientifiche.

Invece oggi cominciamo a capire che dobbiamo sconfiggere pregiudizi, sconvolgere abitudini assestate e, per quanto concerne la politica, mettere in gioco una parte del consenso: se riasfalti una strada e la tieni così com’era pensata, saranno tutti contenti. Se la rendi più sicura, con marciapiedi più larghi e fruibili, carreggiata ridotta e magari a zona 30km/h e ci inserisci anche una pista ciclabile togliendo qualche posto auto, sai che incontrerai polemiche. Per questo è fondamentale spendersi per creare consapevolezza di ciò che si fa, spiegare le scelte complicate che si compiono.

L’altra questione è che spesso le scelte che si compiono per la sostenibilità ambientale generano conseguenze complicate sotto l’aspetto sociale. A questo dovremo sempre più essere attenti: salvare l’umanità dalla catastrofe ecologica non sarà una passeggiata e non dovremo ripescare l’arca di Noè, ossia un modello in cui vengono salvati solo alcuni a dispetto delle moltitudini. La vera sfida, già oggi, è coniugare transizione ecologica ed uguaglianza.

A cura di Andrea Demarchi

 

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