Con Serena ai "confini della realtà", tra regole e regolamenti con uno sguardo nuovo
Un viaggio nelle nuove generazioni pronte a "riconquistare quello che i nostri padri ci hanno lasciato in eredità".
Con Serena ai "confini della realtà", tra regole e regolamenti con uno sguardo nuovo.
Con Serena ai "confini della realtà", tra regole e regolamenti con uno sguardo nuovo
Oggi incontriamo Serena Marchesi, 29 anni laureata in psicologia e laureanda in psicoterapia. Serena ha una voce pacata e lieta, si capisce che non è per mestiere ma per quel di più che cercheremo di scoprire. Già così impegnata nella vita, cerchiamo di scoprire di Serena vissuta nel suo mondo, nella sua professione: il mondo delle dipendenze dalla droghe, alcool, e altro ancora... non l'ennesima analisi sociologica che lascia il tempo che trova e in cui spesso per ogni parola in più peggiora la “lettura”. Cerchiamo di scoprire Serena e la sua voglia di giocarsi la vita in un lavoro duro e severo. Cerchiamo di scoprire attraverso lei quella nuova generazione che in azione e senza troppo rumore, desidera essere protagonista nel costruire, per sé e per altri, una nuova civiltà, quella del benessere, aperta ad ogni umano in ogni circostanza della vita.
Ciao Serena, Marta (con un sorriso che lasciava intravedere che c'era un mondo da scoprire in te) mi ha raccontato della complicità amicale all'università. ma cosa succede dopo l'università?
Cosa succede dopo l’università? Succede che ti ritrovi con una bella laurea di cui tu, parenti e amici siete fieri, ma ben presto scopri che quel pezzo di carta ti serve forse ad attraversare la strada curandoti di guardare da entrambi i lati. Certo, l'istruzione è una fortuna che mi è stata permessa nella vita [...] ancor di più il valore delle persone che ho incontrato, le storie che ho ascoltato, nelle "esperienze" provate nell'incontro con il diverso, lo sconosciuto...
Oggi lavori in una comunità terapeutica per tossicodipendenti...cosa significa per la tua vita?
“Tossicodipendente”, “Alcolista”. Parole che nella vita avevo sentito miliardi di volte, eppure sembravano così lontane dal mio mondo. Entrai in comunità in punta di piedi, un po’ spaventata e timorosa di guardare negli occhi le persone che avevo davanti. [...] Lavoro in questo ambiente da quattro anni [...] Da buona scolaretta iniziai un periodo di ricerca sui libri, articoli, manuali, qualsiasi cosa potesse farmi sentire più sicura sull’argomento e darmi degli spunti su come lavorare [...] Non fraintendetemi, l’istruzione è una delle fortune più preziose che mi sia permessa nella vita ma vorrei dire che forse, più ancora dei libri, il valore sta nelle persone che ho incontrato, nelle storie che ho ascoltato, nelle esperienze provate, nell’incontro con il diverso, lo sconosciuto, la curiosità. Iniziai a conoscere gli ospiti, ad ascoltare le loro vite, le loro sofferenze, le storie che li avevano portati in comunità, a sperimentare il valore della relazione. Scoprii anche un sistema educativo fatto di regole, principi, punizioni, bonus, disciplina. Un sistema che facevo fatica a comprendere e che a tratti mi risultava molto stretto. Ma la cosa divertente era che a volte sembrava che fosse più stretto per me che per gli ospiti, che invece di comunità ne avevano girate tante e sapevano benissimo come funzionano questi servizi e come si organizza il sistema. [...] dovetti affrontare il tema della "cronicità”.
Cosa vuol dire avere una malattia cronica? Cosa implica per chi ce l’ha e per chi gli sta intorno? Che valore ha, quali significati assume all’interno della società?
Sono riflessioni aperte, che non implicano risposte ma che ritengo doverose per chi pretende di usare termini come questo, che sembrano congelare la realtà, bloccare l’evoluzione, mettere un sigillo su una condizione che così è, perché qualcuno lo ha decretato e forse perchè fa meno paura pensarla così.
Parlavi di un sistema educativo fatto di regole forse già precostituito, costruito da un mondo che viene prima di te? Come ti muovi?
Se interrogassimo qualsiasi ospite o operatore e chiedessimo di cosa si compone l’identità del “tossico” tutti saprebbero cosa rispondere, e ci sarebbe un accordo abbastanza elevato sulle parole usate. Come se si potesse risolvere così, come se non avessimo davanti tante identità diverse, fatte di storie e legami differenti. [...] Come è successo che Luca, Paolo, Andrea, Alessandro quando si presentano la prima cosa che dicono è che sono tossicodipendenti? “Ciao sono Luca e sono un tossico”. Almeno nei film vi sarà capitato di vedere questa scena. Certo, dietro a questa frase ci sono anni di studi ed esperienze che ci insegnano il valore e l’importanza di riconoscere il problema come primo passo per innescare un cambiamento. Mi sono chiesta spesso però, partendo da queste basi, in quale direzione possa andare un recupero, quali persone debba coinvolgere, cosa si possa fare per aiutare davvero le persone che abbiamo davanti. [...] A volte il bellissimo girotondo in cui mi sento coinvolta mi sembra un circolo vizioso che fa girare la testa e venire la nausea, tanto da non sapere più come uscirne, tanto da aver paura che se stacchi le mani qualcuno cade a terra e si fa male: “casca la terra e tutti giù per terra”!
Il mondo che viene prima di te, ha già decretato, giudicato, sperimentato, condannato... Serena cosa potrà fare?
A me piace pensare che in questo percorso non ci sia una guida esperta e un pellegrino sperduto, ma ci siano due persone che camminano fianco a fianco in un percorso di crescita e arricchimento per entrambi. [...] A volte ci si perde, si torna indietro, si provano altri sentieri, si cade, viene voglia di tornare alla partenza o peggio ancora di sedersi e rassegnarsi a farsi trasportare dagli eventi. [...] Qualcuno in cima ci arriva, stanco ma soddisfatto dell’impresa compiuta. E dopo? Il Dopo è un altro grande interrogativo.
Cosa succede dopo la comunità? Come si ritorna nel mondo?
Quasi tutte le strutture prevedono una fase di reinserimento, in cui ci si sperimenta all’esterno, si cerca lavoro, si fanno rientri periodici a casa. Se potessi oggi cambiare qualcosa, credo che partirei da qui. Sono convinta che sia data troppa poca importanza e rilievo a questa fase, che invece sarebbe quella cruciale per pensare di ridare la possibilità a queste persone di reintrodursi in una società che li vede come reietti, che li etichetta, che li teme e non li conosce. Ma prima ancora di pensare al sistema sociale dovremmo pensare a come aiutare le famiglie a riaccogliere o a respingere un padre, un marito, un fratello. Dovremmo pensare a cosa significa uscire dalla bolla insonorizzata e buttarsi nella jungla del mondo là fuori, tanto desiderato quanto pericoloso, astioso.
Grazie Serena, trattengo la tua provocazione che più che un finale è un primo inizio, senza nulla aggiungere a quella tua sensazione raccontata: "E se perdessimo troppo tempo a fare recensioni del film, schede tecniche, a dare giudizi, a confrontare con altre pellicole, e ci perdessimo l’emozione di guardarlo con gli occhi della curiosità e di lasciarci coinvolgere nelle storie dei protagonisti"? Questo è già l'inizio di una nuova civiltà: uno sguardo nuovo, il tuo sguardo in azione; da cui imparare.
CronistaINLibertà
a cura di Renato Caporale
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