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Mario Mantovani e il coraggio di combattere (e vincere) contro la cattiva giustizia

Una vicenda che testimonia quanto ci sia ancora molto da lavorare, sul giusto della giustizia.

Mario Mantovani e il coraggio di combattere (e vincere) contro la cattiva giustizia
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CORSICO - Io, Mario e la caramella. Forse per la prima volta, in quel dicembre del 2021, ancora senza il sapore dell’assoluzione, hai accettato di raccontarti di fronte a una platea di giovani, organizzata dall’associazione Xsperienza in collaborazione con l’associazione nazionale carabinieri della sezione di Urgnano.

Ricordo la tua commozione quando hai raccontato di quell’anziana volontaria che in carcere ti ha offerto una caramella… Aveva il sapore dell’umano, l’umano che incontra un altro umano. È vero, la legge è uguale per tutti (forse)… Ma chi l’ha detto che sia giusta? Non credo proprio, non sempre. Punto e a capo. Il pregiudizio indaga con la “presunzione di colpevolezza”, la prestima con la “presunzione d’innocenza”. La legge vive con arroganza di pregiudizio: tutto cambia e tutto toglie. Assolto per non aver commesso il reato. Sono certo che Mario non dimenticherà quella caramella offerta con umana prestima e gustata fino in fondo. Per quanto riguarda la Giustizia, che sia la “presunzione d’innocenza” il punto di partenza per ogni seria indagine o accertamento: nessuno può privare della libertà nessuno, sino a prova contraria.

renato.comunicazione@gmail.com 

Grazie a Fabrizio Provera per avermi offerto una sintesi intelligente di Mario Mantovani che testimonia quanto ci sia ancora molto da lavorare, sul giusto della giustizia.

Assolto dopo anni di fango

Assolto perché il fatto NON sussiste. Da OGNI reato.  Assolto dopo anni di fango, di violenza mediatica e giornalistica. Assolto dopo aver patito la carcerazione preventiva. Da innocente.

Quando il giudice Maurizio Boselli della Corte d’Appello di Milano ha pronunciato la sentenza di assoluzione, il 14 marzo scorso, per Mario Mantovani si è dissolto, infranto, spezzato un incubo. L’incubo della gogna, del circo mediatico giudiziario che in Italia, ininterrottamente da decenni (il caso di Enzo Tortora non ci ha insegnato nulla, neppure il 62% delle assoluzioni durante Tangentopoli), può trasformare la gestione della giustizia nella somma INGIUSTIZIA: in Italia non esiste la presunzione d’innocenza. Esiste la presunzione di COLPEVOLEZZA. Sei colpevole, fino a prova contraria.

La gogna

Una gogna che Mario Mantovani, classe 1950, prima docente, poi preside, poi dai primi anni ‘80 imprenditore visionario e lungimirante, capace di creare un gruppo con oltre 1000 collaboratori nel campo dell’assistenza agli anziani e ai più fragili, ha affrontato e superato con la forza di un leone. E il sostegno della famiglia e della vasta cerchia di amici che non l’ha mai lasciato solo. Grazie al lavoro certosino, appassionato e ininterrotto dei suoi avvocati (Roberto Lassini e Guido Calvi), Mantovani si è sempre difeso NEL processo, mai DAL processo, presenziando per sei lunghi anni a tutte le udienze del processo di primo grado e a quello di Appello, concluso come detto con un’assoluzione per lui e tutti i co-imputati.

Qualcosa non andava fin dal primo giorno

Che qualcosa non andasse, nel caso giudiziario e umano di Mario Mantovani, lo si colse dal primo giorno. Alle prime ore dell’alba, quando viene arrestato con un dispiegamento di forze e dopo anni di indagine analoghi a quelle con cui vengono trattati i narcos, quel giorno di ottobre del 2015 ci sono giornalisti, politici che poi diverranno sindaci (cavalcando il sentimento popolare anti mantovaniano), ‘curiosi’. Ma non esiste il segreto istruttorio, in Italia? Mantovani si è difeso dal primo giorno chiedendo a giudici e alle giurie di leggere le CARTE, di verificare l’insussistenza dell’accusa (Mantovani, neppure agli inizi, fu MAI accusato di aver personalmente rubato, sottratto o fatto transitare in modo illegale neppure 1 euro).

La sentenza del 2019

La dura sentenza di condanna emessa nel luglio 2019 apparve del tutto spropositata, come poi confermato dal giudizio di Appello. Ma se la gioia per aver incontrato - come disse Mantovani alla Rai poco dopo l’assoluzione - la ‘buona giustizia’ ha prevalso, seppure dopo così tanti anni di sofferenza, rimane tanto di amaro.

Ma rimane tanto di amaro...

Rimane il processo intentato contro un politico, il più votato in Regione Lombardia nel 2013, ‘reo di troppo consenso’, come scrisse una garantista coraggiosa come Tiziana Maiolo.

Rimangono pagine e pagine di fiele giornalistico e mediatico, dove alle tesi dell’accusa mai - o quasi mai - sono state contrapposte le ragioni della difesa. Rimangono le notti in carcere e agli arresti domiciliari passate da INNOCENTE.

Rimane la consapevolezza che la giustizia, in Italia, può cagionare danni indelebili: a un politico, a un indifeso, all’uomo della strada. Rimane la macchia vergognosa della GIUSTIZIA che troppo spesso si traduce nel suo contrario: L’INGIUSTIZIA. Summa iniuria, come dicevano i latini.

 

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