Quando si parla di leadership, molti pensano subito a chi “ha carisma” o a chi riesce a imporsi senza sforzo. In realtà, nella pratica clinica e nella vita quotidiana, la leadership assomiglia molto meno a un ruolo formale e molto più a una relazione. È un modo di esserci, di entrare in contatto con gli altri, di farli sentire riconosciuti. Un leader efficace, prima ancora di prendere decisioni o stabilire direzioni, costruisce un clima emotivo in cui le persone non temono di esprimersi. Questo richiede ascolto vero, non quello che si fa mentre si pensa già alla risposta. Significa accogliere anche i silenzi, le esitazioni, le differenze di carattere. Ed è in questo spazio sicuro che il gruppo può trovare il coraggio di contribuire davvero, senza maschere.
Le emozioni nella guida quotidiana
A volte idealizziamo chi guida, quasi come se fosse obbligato a essere sempre lucido, composto, imperturbabile. Ma nessun leader vive fuori dal mondo: le emozioni arrivano comunque, e spesso bussano proprio nei momenti meno comodi. La questione non è controllarle a tutti i costi, ma concedersi la possibilità di sentirle senza esserne travolti. Un leader che riesce a dire con sincerità “oggi faccio più fatica, ma sono qui” manda un messaggio potentissimo: la vulnerabilità non è una minaccia, è una forma di autenticità. È da lì che nasce la fiducia. Quando chi guida non recita un ruolo, ma si mostra umano, il gruppo percepisce che può fare altrettanto. E a quel punto non si parla più di performance, ma di relazione reale.
La responsabilità di far crescere gli altri
Molte persone che ricoprono ruoli di leadership temono, in modo più o meno consapevole, che qualcuno possa superarli. È una paura comprensibile, ma che rischia di sfociare nel controllo e nella chiusura. La leadership matura, invece, somiglia a chi si prende cura del terreno sapendo che non tutti i semi cresceranno allo stesso modo. A volte qualcuno svilupperà competenze che noi non abbiamo, ed è un bene, non una minaccia. Il leader che lascia respirare il gruppo, che tollera la diversità di idee e accoglie la crescita altrui, genera un senso di appartenenza che nessun ordine imposto potrebbe creare. Delegare non è “lasciar fare”: è riconoscere il valore dell’altro e fidarsi del suo potenziale.
La leadership come percorso personale
Guidare gli altri richiede, inevitabilmente, di guidare anche se stessi. Non esiste un momento in cui si diventa leader “compiuti”. È un processo continuo di consapevolezza e revisione interiore. Significa guardare ai propri limiti senza giudicarsi, chiedersi cosa ci attiva emotivamente, capire quali aspetti della nostra storia influenzano il modo in cui ci relazioniamo. Ogni scelta, ogni difficoltà, ogni confronto diventa parte del percorso. E più una persona impara a conoscersi, più la sua presenza diventa credibile e stabile. La leadership autentica non nasce dalla perfezione, ma dalla coerenza: dal tentativo, giorno dopo giorno, di essere una persona che ci si sentirebbe di seguire.
Dott. Fabiano Foschini
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