Football No Limits, un corsichese nelle terre devastate della Bosnia (FOTO)

Daniele Socciarelli, 35 anni. Nato e cresciuto a Corsico, ma appassionato dei territori della ex Jugoslavia”. Nel 2002 ha iniziato a lavorare per Terre e Libertà dell’ONG Ipsia e da lì è nato questo nuovo progetto.

Football No Limits, un corsichese nelle terre devastate della Bosnia (FOTO)
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Football No Limits, un corsichese nelle terre devastate della Bosnia.

Football No Limits, un corsichese nelle terre devastate della Bosnia

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CORSICO – Chi quelle terre le ha viste dopo la guerra ha il ricordo di un’istantanea divisa a metà. Da una parte le case belle  (poche), ricostruite, rimesse in piedi. Dall’altra, le ferite di una guerra che ha devastato tutto. E poi, ci sono gli edifici che sono divisi a loro volta a metà: il tetto bello, rifatto, con le tegole e i pannelli nuovi. Sotto, i muri con i buchi delle cannonate. Perché i fondi per ricostruire la Bosnia sono arrivati attraverso i bandi, finanziamenti diversi nel tempo.

Vicini distanti

Una terra dove convivono, ancora, realtà culturalmente distanti ma vicine di casa. Con luoghi di culto diversi, dialetti che non si capiscono tra di loro. Bosgnacchi (musulmani), serbo-bosniaci, croato-bosniaci, jugoslavi, rom, ebrei. Tutti convivono nella stessa terra, tra le stesse case, tra le stesse macerie. Quelle di tre anni di conflitto, iniziato nel 1992, dove anche chi faceva il maestro, il panettiere, l’idraulico, si è trovato in trincea. Le foto di allora raccontano di soldati improvvisati, con i jeans, la maglietta dei Rolling Stones e il fucile della Seconda guerra mondiale in braccio. Un popolo che la guerra ha devastato, piegato, messo in ginocchio. Ma che è stato capace di rialzarsi.

Resilienza.

Gente che è stata tradita, dalla vita anche, ma che non ha perso la fiducia. Quella che gli fa aprire la porta di casa agli sconosciuti, che gli fa preparare il letto per la notte e fare da mangiare per tutti. Chi ci è stato, in quelle terre, racconta di occhi che affrontano i problemi come questioni risolvibili, perché ne hanno già affrontato uno più grande, di problema, quindi tutto ora è calibrato alla misura della guerra.

Un corsichese per i Balcani

In queste terre della Bosnia Erzegovina c’è chi ha voglia di rinascere, e chi ha il desiderio di aiutare. Come Daniele Socciarelli, 35 anni. Si definisce un “calciatore amatoriale delle periferie milanesi - lui che è stato corsichese per anni -, appassionato dei territori della ex Jugoslavia”. Nel 2002 ha iniziato a lavorare per il progetto Terre e Libertà dell’ONG Ipsia e da lì è nata la passione per una terra “complicata ma accogliente”. Ne ha studiato la storia, le tradizioni, la cultura, la lingua, le diversità. Le difficoltà, che non gli hanno fatto paura, anzi, lo hanno incoraggiato a fare del progetto iniziale un’iniziativa continua.

Dal calcio al fucile

Al suo fianco c’è un ex calciatore professionista, Emir Sedic, passato dalla gloria della più alta serie di calcio a imbracciare il fucile e comandare una brigata per liberare la sua città. Ha visto bruciare la sua casa sotto le fiamme, svanire la promettente carriera di diventare un campione. Un po’ di odio, insomma, dovrebbe averlo. E invece dal dolore è nato l’amore. Per se stesso, ma soprattutto per gli altri.

Il progetto Football No Limits

L’incontro tra Daniele ed Emir ha dato vita a Football No Limits. Calcio senza barriere, in italiano. “Si tratta di un campus sportivo itinerante in diversi luoghi della Bosnia Erzegovina – spiega Daniele –, partecipano una decina di volontari italiani e altrettanti preparatori qualificati locali” L’obiettivo è ambizioso: come dice il nome, superare le barriere, quelle culturali, religiose, le diverse identità che popolano una terra bellissima ma ancora acciaccata, anche psicologicamente, da un conflitto che ha messo tutti contro tutti.

Il calcio per unire

È il calcio lo strumento utilizzato per unire le diverse identità. Perché con ai piedi il pallone “le differenze non si notano. I bambini sul campo sono tutti uguali. Noi vogliamo proprio questo: far capire che non esiste la diversità”, racconta Daniele che da due anni accoglie oltre 1.500 bambini tra i 6 e i 14 anni per farli semplicemente giocare a calcio tra di loro, svolgendo attività e laboratori guidati da educatori e volontari. Sono bambini che abitano nelle campagne o che appartengono a “gruppi vulnerabili”, spiega il responsabile di FNL.

Perché proprio il calcio?

“È lo sport di tutti, che si può giocare in mezzo alla strada. È il sogno dei bambini, diventare campioni, come Edin Džeko, l’attaccante della Roma. In Bosnia i bambini indossano orgogliosi la sua maglia, ma anche quelle delle squadre spagnole, dell’Inter, del Milan, della Juve. Il calcio è seguito e appassiona tutti”. Una passione che si respira, viva.

Nel 1994, Emir Sedic ha montato in aperta campagna, sulle colline, un televisore per guardare la finale della Champions League tra Milan e Barcellona. Il televisore era collegato alla dinamo di una bicicletta e tutti hanno pedalato a turno per tenere lo schermo acceso. Il racconto di Sedic fa capire bene come il calcio sia visto in quelle terre e come possa essere davvero il mezzo di una rinascita culturale fondata sul rispetto delle diversità. “I bambini sul campo da calcio – continua a ripetere Daniele – sono tutti uguali”.

La campagna di crowdfunding

Un progetto così importante deve essere finanziato. Per farlo, l’associazione chiede l’aiuto di tutti: attraverso una campagna di crowdfunding (www.triboom.com/fnl/project/fnl2018) si può fare una donazione (in “cambio” ci sono ricompense interessanti) che servirà a finanziare il progetto di quest’anno: “Partiremo a fine luglio e staremo una decina di giorni, organizzando un campo al giorno”.

Il progetto non ha costi esorbitanti: bastano 5mila euro totali, per tutti i campi (anche perché si fonda soprattutto sul lavoro di volontari). I soldi servono per comprare le attrezzature, che poi il gruppo lascia ai bambini. Quindi magliette, palloni, pettorine (e non sarebbe male se qualche sponsor si facesse vivo). Tutto quello che poi servirà agli allenatori del posto per continuare a fare integrazione e accoglienza attraverso lo sport. Perché il calcio può essere davvero lo strumento per cambiare la vita di questi bambini. Football No Limits, insomma.

Francesca Grillo

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