l'intervista

Fabio Fagnani ci racconta la sua ultima fatica letteraria: “La storia dell’Inter: il racconto nerazzurro”

"Più che un libro, forse sarebbe meglio dire una enciclopedia dell’Inter"

Fabio Fagnani ci racconta la sua ultima fatica letteraria: “La storia dell’Inter: il racconto nerazzurro”
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Nuovo libro pubblicato per Fabio Fagnani, che ci racconta la sua ultima fatica letteraria: “La storia dell’Inter: il racconto nerazzurro”.

Fabio Fagnani e la sua ultima fatica letteraria: l'intervista

CORSICO - Il mestiere del narratore esiste dall’alba dei tempi. Dapprima veniva svolto oralmente, poi l’avvento delle incisioni rupestri ha fornito a una storia la possibilità di restare nel tempo. Il mondo dell’editoria ha fatto il suo salto di qualità, dai manoscritti in avanti, grazie alla stampa a caratteri mobili inventata, si dice, da Gutenberg intorno alla metà del 1400. Una lunga premessa per introdurre un collega, un concittadino e uno scrittore che passa spesso da queste pagine, sia come autore, sia quando presenta un nuovo lavoro. Dopo aver raccontato Roberto Baggio, Steve Jobs, Valentino Rossi, Marco Simoncelli e una raccolta di racconti che trovate su Amazon dal titolo “Ogni tanto guardo il cielo”, Fabio Fagnani esce con “La storia dell’Inter: il racconto nerazzurro”, edito da Diarkos.

Cosa ti ha spinto a scrivere un libro sulla storia dell’Inter? C’è un aneddoto particolare che ti ha motivato?

Mettiamo subito le mani avanti, io sono milanista. L’unico, vero, della mia famiglia. Dico vero perché mio fratello, che mi ha trasmesso la passione, non segue più il calcio da vent’anni praticamente. Il resto della mia famiglia è interista, soprattutto dal lato di mia mamma. Mio nonno era un interista sfegatato e ha trasmesso la passione a mia mamma. Per me l’Inter è da sempre parte della famiglia. Acerrimi rivali, certo, ma sono sempre stato affascinato dalla storia dell’Inter, dalle sue origini, e dai traguardi che ha ottenuto negli anni. Per comprendere a pieno i tuoi rivali non devi odiarli, ma devi conoscerli. Quando mi è stata prospettata la possibilità di raccontare la storia della squadra nerazzurra, ho accettato la sfida. L’Inter è un club che nasce con un’idea di apertura, di internazionalità, di condivisione, di sofferenza e amore. E anche da avversario non puoi non riconoscerne il DNA. E poi, io sono un giornalista e in quanto tale devo essere il più possibile oggettivo.

Quanto tempo hai impiegato per raccogliere le informazioni e scrivere il libro? Quali sono state le principali fonti storiche che hai consultato?

Il lavoro è durato circa otto mesi, tra ricerca, scrittura e revisione. Ho consultato archivi, interviste d’epoca, libri già esistenti, articoli e una moltitudine di video su YouTube. Ho cercato di ricostruire non solo i momenti iconici ma anche quelli meno noti, che spesso rivelano aspetti interessanti della crescita del club.

Qual è stata la parte più difficile da raccontare? Ci sono episodi meno conosciuti che hai voluto portare alla luce?

Di certo il coinvolgimento del capitano Virgilio Fossati nella Prima guerra mondiale è una bella storia da raccontare. La tragedia capitata al compianto Arpad Weisz. Allenatore sublime, ma finito in un’epoca tetra, quella delle leggi razziali e della follia dell’Olocausto. Anche i vari momenti di difficoltà che l’Inter ha attraversato sono stati interessanti, dalla quasi retrocessione, fino ai decenni senza trofei.

L’Inter è una squadra con una storia gloriosa e ricca di successi. Quale decennio ritieni sia stato il più significativo per il club e perché?

Ogni epoca ha il suo fascino, ma se dovessi sceglierne una direi gli anni '60. Quello è stato il decennio della Grande Inter di Herrera, con la conquista di due Coppe dei Campioni e il dominio del "catenaccio". È stato il momento in cui l’Inter si è imposta come potenza mondiale. Ovviamente anche l’Inter del binomio Mancini-Mourinho, post Calciopoli, è stata incredibile, ma anche in quel caso è stata sciupata tutta l’eredità di quella squadra leggendaria.

Ci sono momenti storici in cui l’Inter avrebbe potuto prendere una strada diversa e cambiare radicalmente il suo destino?

Assolutamente sì. Penso al post-Triplete del 2010: la società si trovò davanti alla scelta di rinnovare la squadra o provare a prolungare il ciclo vincente con gli stessi uomini. Forse, con una gestione diversa, il crollo successivo sarebbe stato meno brusco. Recentemente anche l’uscita di scena prematura di Antonio Conte ha rallentato una crescita che sarebbe potuta essere più verticale. L’Inter avrebbe potuto dare seguito a una serie di stagioni vincenti, lasciando il vuoto dietro di sé, ma i debiti della società e alcune scelte non hanno reso giustizia a quella fatica.

Quale allenatore, secondo te, ha avuto l’impatto più profondo sulla storia nerazzurra?

È difficile sceglierne solo uno, ma direi Helenio Herrera e José Mourinho. Il primo ha trasformato l’Inter in una squadra leggendaria negli anni ’60, mentre il secondo ha costruito il capolavoro del Triplete nel 2010. Entrambi hanno lasciato un’eredità indelebile. Esiste un prima e un dopo questi due allenatori. I loro nomi saranno per sempre scritti nella storia della società.

C’è un calciatore che, secondo te, non ha ricevuto il giusto riconoscimento nella storia dell’Inter?

Nel passato direi che Mario Corso, il "piede sinistro di Dio", non ha ad oggi avuto lo stesso trattamento dei suoi compagni dell’epoca. Un giocatore sublime. Un talento straordinario, amato dai tifosi, ma che forse a livello mediatico non ha mai avuto la risonanza che meritava.

Se dovessi raccontare l’Inter a un giovane tifoso che non conosce la sua storia, da quale episodio partiresti?

Sarebbe facile partire dalle grandi vittorie e dai momenti più alti della storia nerazzurra, ma lo spirito di sofferenza, determinazione e gloria è legato ad altri momenti. Ripartirei dal 6-0 contro il Milan, dal 4-2 contro la Lazio all’ultima giornata o dall’esclusione dalla Champions League ai danni dei cugini. Da quei momenti si percepisce se sei interista o no, ma più in generale un vero tifoso si vede nei momenti di grande difficoltà, delusione e anche vergogna che si ha nei confronti della propria squadra.

L’Inter ha recentemente conquistato la seconda stella. Come pensi che verrà ricordato questo traguardo nella storia del club?

Sarà ricordato come un momento di rinascita, ma soprattutto di sfottò nei confronti del Milan. Essere nati dopo, ma aver raggiunto prima un traguardo così ambito e soprattutto esserci riusciti nel giorno del derby di Milano non ha prezzo. La seconda stella va di diritto tra i traguardi più luminosi per la storia nerazzurra.

Quali sono le sfide più grandi che l’Inter dovrà affrontare nei prossimi anni per rimanere competitiva a livello nazionale e internazionale?

Gestire le finanze in un calcio sempre più costoso e trovare un equilibrio tra competitività e sostenibilità economica. Poi, la questione dello stadio sarà cruciale per il futuro.

Torniamo al dietro le quinte del tuo libro: che taglio hai voluto dare nel tuo racconto della storia neroazzurra?

Abbiamo parlato spesso con l’editore di cosa fosse meglio fare e abbiamo cercato di evitare romanticismi, fantasie, sentimentalismi. Abbiamo scelto di raccontare la verità, la realtà dei fatti davvero avvenuti. Nel libro si trovano quasi 500 pagine di vera storia. Più che un libro, infatti, forse sarebbe meglio dire una enciclopedia dell’Inter. Qualcosa di diverso, qualcosa che - forse - mancava sul mercato librario e che racconta l’Inter dalla sua genesi alla seconda stella.

Sei da poco padre e insegni, oltre ovviamente al tuo lavoro di giornalista: come riesci a coniugare il tutto?

Hai presente quei film che hanno come protagonista uno scrittore che a notte fonda è lì a battere a macchina? Ecco, sono io. Durante la fase di ricerca cerco di apprendere più informazioni possibili e di salvarle in un archivio, poi quando passo alla elaborazione e stesura del testo, scrivo di notte. Dopo la giornata di lavoro, dopo aver messo a letto mio figlio - che va a letto tardissimo - inizia la mia seconda vita. Solitamente da mezzanotte fino alle due del mattino scrivo. Poi mi fermo, dormo quattro ore e alle sei suona la sveglia. E la giornata va in loop fino a quando non finisco il libro. Sono mesi stancanti, faticosi, ma sicuramente vedere il libro concluso nelle tue mani ti restituisce energia.

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