Editoriale a quattro mani | Appesi e sospesi
La cosa che più mi ha ferito in questi giorni, tra le tante.
Editoriale a quattro mani | Appesi e sospesi.
Editoriale a quattro mani | Appesi e sospesi
Non sono giorni facili questi. Non lo sono mai, è vero. Il senso di impotenza, unito a rabbia e frustrazione, però prende il largo in questo ultimo periodo.
Appesi, in tutto.
Da giorni attendiamo il nuovo, ennesimo, Dpcm, in questa tragicomica rincorsa al virus. Avremmo voluto più coraggio e più chiarezza, anche facendo scelte impopolari. Ma soprattutto avremmo voluto una vera pianificazione in vista di una seconda ondata che, seppur non certa, era paventata e già in corso nei Paesi limitrofi. Ci siamo svegliati oggi (mercoledì 4 novembre), giusto per cambiare un attimo discorso, con l’incertezza di chi sarà il nuovo Presidenti degli Stati Uniti. Potremmo fingere che la cosa non “ci tocchi”, ma sappiamo tutti quanto in una società globale questo corrisponda al falso.
Tornando “a casa nostra”, guardiamo i numeri della pandemia crescere impetuosi su tutto il territorio nazionale (da noi più che in altri luoghi): paura, dolore per tante vite che andranno perse, immolate sull’altare delle mille giustificazioni sempre più illogiche. E anche smarrimento e impotenza, per un futuro incerto dal punto di vista sanitario ed economico. Come ci cureremo domani? Come mangeremo domani?
Due facce della stessa terribile medaglia.
E poi il ritorno degli attentati in Europa, il conseguente sciacallaggio dei soliti, che esprimono il vuoto di pensiero con vuoti contenuti. E ancora il tentativo di “spaccare tutto” quando la protesta (lecita) è solo un pretesto (di altri) per scendere a far casino.
La cosa che più mi ha ferito in questi giorni, tra le tante, è stato invece il tentativo di negare tutto lo sforzo immane che le nostre truppe sul fronte (sanitari, di ogni ordine e grado) stanno compiendo ogni giorno. Come si può arrivare a negare che gli ospedali siano pieni, le ambulanze in corsa costante (o coda infinita perché non c’è più posto) e che questo virus sia un’influenza come le altre? Come si possono mettere in dubbio i 200-300 morti ogni santo e maledetto giorno? Come, a questo punto?
Io non posso far nulla per quel che il Dpcm comporterà in termini economici, nulla per le elezioni non nostre, per gli attentati, per le morti “solitarie” in ospedale o a casa. Vorrei con tutto il cuore poter fare, ma non ne ho le capacità né i mezzi.
Però so, forse male, scrivere. E incazzarmi. E di certo non starò zitto un solo secondo di fronte agli ex eroi di questa primavera, trattati oggi come parte di un misterioso complotto mondiale.
Andrea Demarchi
Ps. Potrei proseguire, scrivendo a riguardo di questi eroi dimenticati troppo facilmente e ora umiliati, ma quando ho trovato parole così belle, vere, che esprimono esattamente il mio pensiero, perché non coinvolgere l’autrice del post su Facebook in questo editoriale? Editoriale Appesi e sospesi.
"Mi fate pena.
Voi, che dite come il covid sia una montatura, un’architettura per creare il panico, per limitare le nostre libertà, la nostra indipendenza, l’autonomia di fare ilcazzochevoglio. Voi, che girate video ignoranti, a cui poi bisogna rispondere che sono bufale. A quelli che col telefonino vagano per i pronto soccorso a far vedere come il reparto sia vuoto e però riprendono il reparto sbagliato. A quelli che dicono che le ambulanze girano a vuoto, con le sirene accese, perché così si crea il panico. A quelli che dicono “giornalista terrorista” ogni volta che viene pubblicato un bollettino.
Mi fate pena.
Perché in questa situazione ci siamo soprattutto per colpa vostra, di voi che volete chiudervi gli occhi ma non le bocche, che siete i complottisti, i negazionisti o come vi chiamano, per rendere meno ruvido il termine teste di cazzo.
Mi fate pena.
Perché avvalorati anche da qualche politico che cavalca la frustrazione del popolo, da qualche sedicente esperto dell’università della strada, voi, pensate che sia tutta una montatura per interessi che neanche voi sapete bene individuare, perché adesso la parola che fa figo è “allarmismo”. “Creatori di allarmismo, terroristi, ci volete spaventare”.
Vi ricordate quando avevate 14 anni, e la mamma vi diceva no, con quelli non esci. No, in quel posto non ci vai. E noi, ragazzini, urlavamo tra i denti “ti odio”, perché noi la volevamo fare quella cosa e la mamma ci diceva di no. La odiavamo, e solo quando siamo diventati adulti, quando abbiamo avuto figli, ci siamo detti quanto aveva ragione. Perché lo faceva per noi, ma mica lo capivamo. Ma lo abbiamo capito. Ecco, i negazionisti sono quelli che non lo capiranno mai. E non hanno più nemmeno 14 anni.
Mi fate pena.
Anzi, mi fate invidia.
Sì, vi invidio.
Vi invidio perché significa che non avete avuto un parente, un amico, un conoscente che è stato ricoverato, che è morto in casa o con la faccia dentro un respiratore. Perché nessuno che ci è passato lo nega. Ma allo stesso tempo mi fate anche pena, perché tra gli amici non avete neanche un medico, un infermiere, un soccorritore. Che a sentirvi dire certe vaccate vi tirerebbe un ceffone.
Io lo so che siamo di più noi, noi che ci crediamo, noi che abbiamo vissuto sulla pelle il dramma, che speriamo o preghiamo che passi tutto in fretta. Io lo so che siamo di più noi. E non glielo dobbiamo permettere a questi personaggi che sfidano la realtà con una pericolosa fantascienza di dire che è tutto falso. Stringiamoci (virtualmente), e vogliamoci tanto bene, come Caressa e Bergomi ai Mondiali. Ma impediamo a chi vuole vedere il mondo bruciare di continuare a ferire chi sta già immerso nel dolore. Che la libertà di pensiero è un valore granitico. Finché non diventa pericoloso.
Realisti, uniamoci".
#negazionastocazzo
Francesca Grillo
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