Coronavirus, tra solitudine e nuove povertà... Nessun dpcm si occuperà di loro
Un viaggio nelle nuove generazioni pronte a "riconquistare quello che i nostri padri ci hanno lasciato in eredità".
Coronavirus, tra solitudine e nuove povertà... Nessun dpcm si occuperà di loro.
Coronavirus, tra solitudine e nuove povertà... Nessun dpcm si occuperà di loro
Incontriamo nuovamente Sara Melgrani, la nostra Cronista di cui vi abbiamo raccontato a settembre, che ha qualcosa da dirci, qualcosa che ci deve far riflettere. Eccoci in azione tra la ricerca del bene, quello di non essere contagiati dal Virus, e il disumano distanziamento sociale che ci porta gran male. Così Sara, la nostra Cronista, osserva e racconta con una semplicità disarmante il suo accaduto giornaliero. Nascono domande che con coraggio pone e si pone. Nulla di scontato. Quel potersi "dare o non dare", in ogni caso prendere le distanze da chi si ama, sembra non avere alternative. Sara rimette al centro l'umano costretto a vivere distanziato e allontanato dall'amato, ferito o morto tra i morti. Sono le nuove solitudini abbandonate a loro stessi. Ci vuole una reale catena di solidarietà e questo non è previsto da nessun Dpcm.
Sara, come stai osservando quello che succede intorno a questo periodo di Coronavirus?
In realtà, prima che tu Renato mi ponessi questa riflessione, non mi ero mai fermata a ragionare seriamente su come e su cosa sto osservando in questo periodo di emergenza.
Beh, certo, la mia vita, come quella di tutti, è cambiata: l’obbligo di indossare la mascherina, l’obbligo di distanziamento, l'obbligo di igienizzarsi o di farsi provare la febbre prima di entrare in qualunque posto chiuso. Il non poter darsi un bacio o un abbraccio quando incontri un amico o darsi la mano quando incontri una persona, cosa che prima era normale.
In effetti, provando a riflettere più attentamente in modo critico e personale, mi vengono in mente alcuni avvenimenti accaduti alla mia famiglia e altri successi nella società che mi potrebbero aiutare a rispondere a questa tua domanda.
Le case di riposo e gli ospedali sembrano diventate delle fabbriche. Mia nonna è morta una mattina di aprile a causa del Coronavirus e la casa di riposo ha comunicato il decesso, a noi familiari, solo nel pomeriggio. Il nonno del mio fidanzato, invece, è stato ricoverato per un possibile infarto e, dopo averlo tenuto per ben tre ore in pronto soccorso ad aspettare l’esito del tampone, i medici hanno comunicato le prime informazioni alla famiglia dopo ore di preoccupazione e ansia.
Dico che sembrano delle fabbriche perché capisco che ci sia un’emergenza e gli ospedali siano in difficoltà, però i pazienti vengono trattati come dei burattini che entrano, vengono visitati e curati in “fretta e furia” e, se va bene, rimandati a casa, senza che i parenti dei pazienti o delle vittime vengano avvisati, provocando così una de-umanizzazione. Sono sempre e comunque degli esseri umani, cavoli!
Per quanto riguarda la società, già prima di tutta questa situazione eravamo una comunità fredda e menefreghista, però comunque c’era ancora un po' di solidarietà verso i più bisognosi. Invece, adesso, se una donna anziana, un disabile o un vicino fossero in difficoltà, non credo che le persone sarebbero disposte ad aiutare: si è radicata una disaggregazione sociale incredibile.
Concludo dicendo che, secondo me non ci saranno più umanità e solidarietà, nel senso che tutti si occuperanno di sé stessi e non degli altri. Spero vivamente di sbagliarmi e spero soprattutto che i bambini d’oggi, che stanno vivendo questo periodo, non diventino così ma che, al contrario, cambino questa società di persone fredde e menefreghisti.
Grazie Sara...ma di una cosa sono certo: che nessun umano sarà abbandonato da un altro umano tanto è vero che Dio c'è. Forse è necessario aprire il cassetto del nostro cuore, dove l'abbiamo a nostra volta confinato... Pensando di essere sufficientemente grandi da poter fare da soli, con l'aiutino del Presidente del consiglio e delle sue regole. Non accadrà sino a quando ci saranno delle persone come te che ce lo ricorderà.
CronistaINLibertà
a cura di Renato Caporale
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