Confidenziale | Ciao Vincenzo… ti racconto il tuo funerale
La rubrica a cura di Renato Caporale questa settimana ci racconta dell'ultimo commovente saluto all'amico Vince.
BUCCINASCO - Venerdì, in prima mattinata, ti hanno accompagnato da casa tua alla cappella dell’oratorio Benedetto XVI a Romano Banco.
La mattina del funerale di Vincenzo
Vince, ti assicuro, eri in bella mostra: diciamo che eri bello, pronto per essere osservato, quasi pregato di portare con te preghiere e suppliche alla Madonna, da parte dei tuoi amici. Eh già, perché Lei ti stava aspettando, aveva già sussurrato al tuo cuore che il Paradiso non poteva più attendere. In casa, mentre ti portavano via, la tua mamma per tutti esternava con un pianto disperato la tua partenza; Silvia, tua moglie, ascoltava il respiro dei figli. Tutti erano stati preparati ma nessuno era pronto. Beh, non è vero. Tu Vince eri pronto… Ce lo siamo detti qualche giorno prima, in una delle nostre lunghe telefonate.
Ma torniamo alla cronaca, è bene che tu sappia come sono andate le cose. Intanto posso dirti che, dopo il funerale della morte di Carmelo e di Maria Rosa, il tuo è stato certamente il più partecipato. Centinaia di persone che si muovevano in silenziosa preghiera. Vince, uno spettacolo Umano: in prima fila i tuoi figli - Giovanni, Francesca, Giulia, Valentina, Riccardo, Marco e Maria - e ovviamente tua moglie, Silvia, anche in questa occasione presente ancora una volta con una autorevole compostezza. Era bellissimo guardarli, si portavano dentro l’orgoglio di avere avuto e vissuto con un maestro di vita. Tutti sanno che nulla è perduto, Vince, continuerai ad essere una guida nel quotidiano più di prima, capace di offrire risposte ad ogni domanda posta: “Come avrebbe fatto Vincenzo? Come avrebbe fatto papà?
La messa
La messa inizia, concelebrano in cinque sacerdoti… don Enrico, don Alessandro, don Marcello, padre Massimo e padre Marco (da Santa Rita). Don Alessandro introduce, senza troppo girarci intorno: “Siamo qui per ringraziare Dio per averci dato Vincenzo; un semplice di cuore…” Sarà la semplicità, caro Vincenzo, la parola più ripetuta da tutti nel
descriverti… La semplicità come fattore costitutivo della tua vitalità, senti cosa ha detto Padre Massimo (di cui godevi della sua speciale amicizia) descrivendo la tua Semplicità; sappi che l’ho registrato, c’è troppo da imparare. Parla della “semplicità come profondità, ampiezza, larghezza, lunghezza, sostanza; significa che uno non è dissipato
mentalmente. Significa che qualsiasi cosa egli faccia, anche verniciare una parete, la fa con una concentrazione nel
presente […] Cosa sta facendo Vincenzo? Una cosa grande. Sta facendo quella cosa lì, non deve pensare che c’è un’altra vita, è tutto lì. Stava nel letto e si donava a tutti. È tutto lì, in una presenza straordinaria […]
Noi non vogliamo fare nessuno elogio di Vincenzo, ci penserà Dio a farlo, io però vorrei dire una cosa a Dio: guarda che da quello che abbiamo visto attraverso Vincenzo, possiamo attestare che Tu, Padre Santo, sei buono, sei vero, sei giusto, sei simpatico, sei allegro, non sei noioso, non sei malinconico, sei un uomo vero. Vincenzo ci ha fatto vedere un volto bello del Padre Eterno… quando incontri una persona che ‘profuma di Dio’, ti attira”.
Sei diventato un “testimone della Grazia di Dio tra noi”
Amico Mio, sei diventato anche tu come Carmelo: un “testimone della Grazia di Dio tra noi”. Ovviamente era presente il coro delle grandi occasioni: “L’anima mia ha sete del Dio Vivente…” Questo è il cuore che si respirava, durante tutta la Santa messa… Che storia! Sono convinto, caro Vincenzo, che le cose che ci siamo detti durante le nostre ultime telefonate fossero vere. Non solo tu eri pronto ma anche tutta la tua famiglia era pronta in tutto e per tutto: i tuoi figli erano pronti a sostenere la tua impresa che tanto amavi, erano pronti a comprendere quello che Dio voleva da te e anche da ciascuno di loro. A tale proposito, Vince, senti cosa ha scritto tua figlia Maria, certamente condiviso con fratelli e sorelle:
Le parole della figlia Maria
“Caro papà, volevo ringraziarti di tutto. Volevo più di 16 anni con te, ma quello che mi hai insegnato e trasmesso sarà indelebile. Credo che in tutta la mia vita non abbia mai visto mio padre sconfortato, nonostante si sia sempre dimostrata dura per lui, parlo di tanti momenti difficili sul lavoro, una famiglia di sette figli da mandare avanti e in questi ultimi anni la più grande battaglia, la malattia. Ho sempre pensato alla malattia di mio padre come una grande sfortuna, non capivo perché un uomo che aveva sempre vissuto una vita sana, correndo tutti i giorni, senza mai fumare e bere, dovesse fare i conti con una cosa del genere. Non capivo perché doveva toccare proprio a mio papà, cicli di chemio, operazioni e tanta sofferenza.
Ma comunque ho sempre visto mio padre con il sorriso e senza paura di affrontare questa malattia, non nego però di averlo visto soffrire molto. Da metà novembre a metà dicembre, mio papà è stato ricoverato in ospedale, aveva forti dolori alla schiena e alle gambe, ma i medici non capivano a cosa fossero dovuti. Fino a quando non hanno scoperto che era un tumore alle ossa, l'ennesimo. In questo mese in ospedale, ho parlato molto con lui, mi diceva che non aveva paura, che si sentiva sereno e che questa malattia era l'unica strada.
Mi diceva che prima di tutto questo non era felice, era in uno stato di ansia costante, fino a quando non si è ammalato, ed è riuscito ad affidarsi completamente a Dio. Una frase che mi ripeteva spesso: “Io sono tu che mi fai, in tutto e per tutto”. Facevo fatica a comprendere quello che mi diceva, come poteva essere sereno lui, in quello stato, se non lo ero io. Ma quello che mi diceva mi emozionava tantissimo, volevo vivere anche io con questa certezza, come lui. Ho sempre visto in mio padre, qualcosa di più, un coraggio inspiegabile e una voglia di vivere la vita al massimo che ho visto solo in lui. Caro papà, sarai accolto a braccia aperte in paradiso, riabbraccerai finalmente il tuo papà Gianni. Mi piace immaginarti in tenuta da corsa correndo tra le nuvole”.
La telefonata della mamma Aurora
Molte altre sono state le testimonianze e la commozione regnava sovrana. Vince, che altro raccontarti? Ecco, domenica sera mi ha chiamato la tua mamma: “Ciao Renato, sono Aurora, volevo chiederti se puoi scrivere un ringraziamento a tutti da parte della famiglia. Vincenzo avrebbe voluto abbracciare tutti quanti. Sai Renato, sono certa: Vincenzo è in buone mani…” Sì Aurora, è sempre stato in buone mani, oggi più di ieri. Caro amico Mio, ci siamo detti un sacco di cose; cosa tratteniamo di tutta questa avventura? Credo che valga la pena rammentare quello che tu dicevi a tutti in questi giorni: “Sono lieto, o mio Dio, sei tu che mi fai”. Questa è stata e sempre sarà la splendida amicizia Cristiana. Quel sì che ti ha reso, come ha detto Padre Massimo, “profumo di Dio”, per ogni “io” incontrato. E a tutti noi amici, conoscenti o speciali lettori di questa confidenziale storia, cosa rimane?
Ecco Vincenzo Mele… Un Cristiano da cui imparare.