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Caro Renato... ci sei mancato!

26 detenuti della fortezza di Bollate hanno incrociato per quattro ore la loro vita con quella di 22 studentesse del liceo delle scienze umane di Lecco.

Caro Renato... ci sei mancato!
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"Caro Renato, quando si dice “l’imprevisto giunge sempre inaspettato” non si scherza affatto e, come se non bastasse l’impegnativo periodo della riabilitazione post intervento che stai attraversando, ecco presentarsi l’ospite non gradito di turno: il Covid.

L'incontro al carcere di Bollate

Così, dopo questo 8 novembre, data che noi tutti del gruppo di Arteterapia attendavamo con trepidazione, sono qui a cercare di descriverti le tante emozioni che oggi (8 novembre, ndr) l’incontro con gli studenti della classe quarta a SUL del Bertacchi di Lecco ci ha regalato.

Per essere pronti alla ripresa degli incontri con le scuole ci preparavamo da aprile ma, si sa, non si è mai abbastanza pronti quando le emozioni che entrano in ballo scuotono gli animi nel profondo. Un po’ per il luogo che tu ben conosci, un po’ per le sbarre ovunque, per gli alti muri di cemento armato, il filo spinato, ma soprattutto per le storie di vita vera che abitano questa dimora, l’esperienza a cui ormai dovremmo essere abituati - io in prima persona - non finisce mai di stupirci e di commuoverci.

Così oggi, dopo quasi due anni di stop dovuto al Covid, 26 detenuti della fortezza di Bollate hanno incrociato per quattro ore la loro vita con quella di 22 studentesse del liceo delle scienze umane di Lecco.

Beh, Renato… Non vorrei essere di parte, e perdona il mio eccessivo entusiasmo, ma devo ammettere che le tante ore di dialogo, di lavoro, di confronto vissute in carcere, oggi hanno dato i loro frutti.

Il seme dell'inclusione

In questa mattinata è fiorito il seme dell’inclusione, difficilissimo da far germogliare tanto fuori quanto dentro le mura; si è reso palpabile quel senso di appartenenza di cui tanto abbiamo parlato, quando, attraverso le nostre attività, si esplicitava quanto importante fosse sentirsi parte di qualcosa o di qualcuno con cui condividere ideali ed esperienze.

Il nostro salone al secondo reparto, questa mattina, si è trasformato in un contenitore di storie, talune così drammatiche da aver cambiato irreparabilmente la vita di chi le ha vissute e forse, così intense nelle loro conseguenze, da aver lasciato traccia indelebile in chi ha avuto la fortuna di ascoltarle. Storie cosparse di fragilità e di grandi debolezze, vuoti incolmabili lasciati dall’assenza delle famiglie o dalle violenze subite durante un’infanzia che avrebbe dovuto donare gioia e non terrore.

Sai Renato… Ma lo sai bene, perché più volte lo abbiamo vissuto insieme, non si esce mai dalla fortezza, uguale a quando si è entrati, dopo aver vissuto esperienze di questo genere, in cui si ha la netta sensazione che, seppur solo per qualche ora, il pregiudizio sia stato sconfitto. Quel ponte sempre più solido che da anni stiamo cercando di costruire, mettendo in comunicazione gli studenti con i detenuti, non solo unisce due mondi così diversi di uno stesso universo, ma ci rivela sempre più spesso quanto chi sta fuori non sia umanamente affatto diverso da chi sta dentro e gli sguardi di accoglienza, la libertà di espressione delle studentesse, dovuta all’assenza di giudizio che spesso assilla i nostri giovani, ha reso queste quattro ore un’esperienza che non credo verrà dimenticata e che, forse, per qualcuno che stia dentro o fuori le mura, potrebbe essere una di quelle esperienze che cambiano la vita e la rendono migliore.

Ci sei mancato Renato!"

Luisa Colombo

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