Carlo diventa papà mentre è ricoverato: la prima foto del bimbo dedicata al Niguarda

"Mi trovavo in ospedale e il personale mi diceva: devi farcela anche per tuo figlio. Mi hanno dato forza e sostegno".

Carlo diventa papà mentre è ricoverato: la prima foto del bimbo dedicata al Niguarda
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Carlo diventa papà mentre è ricoverato: la prima foto del bimbo dedicata al Niguarda.

Carlo diventa papà mentre è ricoverato: la prima foto del bimbo dedicata al Niguarda

MILANO – La bella notizia arriva dall’ospedale Niguarda. Carlo, 39 anni, è diventato papà durante il ricovero in ospedale e ha voluto dedicare la prima foto del suo piccolo agli operatori sanitari del Niguarda.

La storia di Carlo: i primi sintomi del virus

“Una notte di inizio marzo improvvisamente la febbre, alta, tanto da portare al delirio. Siamo nei primi giorni dell’emergenza e il pensiero per Carlo va al coronavirus – raccontano dall’ospedale –. Lui, siciliano e da 7 anni “milanese” di adozione, lavora come tecnico informatico e nel giro di pochi giorni sarebbe dovuto diventare papà per la seconda volta”. Si è attivata la sorveglianza a distanza col medico di base, che ha prescritto la terapia con l’antibiotico ma la febbre non va giù e le condizioni peggiorano giorno dopo giorno. “Dopo alcuni giorni è comparsa anche una tosse secca - racconta Carlo -, ero debilitato e non mangiavo, tra l’altro il cibo iniziava a non avere alcun sapore e anche la percezione dell’olfatto era distorta, ad esempio a letto avvertivo come un odore di umidità persistente che proveniva dalle lenzuola e questo mi dava nausea”.

Il ricovero d'urgenza

Dopo 10 giorni dall’inizio dei sintomi, con anche il respiro che si è fatto sempre più corto, arriva il momento di chiamare i numeri dell’emergenza. “Non nascondo che nell’attesa di avere una risposta ho salutato la mia compagna, ho messo la mano sul suo pancione e ho detto: Ciao piccolo, mi dispiace se non ci sarà modo di conoscerci, in quel momento è quello che ho pensato mentre mi rimettevo a letto stremato”. Arriva l’ambulanza e subito di corsa a Niguarda. “Ricordo il trasporto, in un silenzio surreale, assordante. Era dieci giorni che non mettevo il naso fuori di casa e in giro non c’era nessuno sembrava di essere in una serie tv post-apocalittica”. Appena arrivato al pronto soccorso viene evidenziata una grave polmonite interstiziale con il polmone destro quasi del tutto compromesso e il tampone conferma la positività al coronavirus. Subito il ricovero urgente nel reparto di Malattie Infettive. Serve l’ossigeno e si iniziano le terapie.

La vicinanza umana con il compagno di stanza e il personale

Il miglioramento permette lo spostamento in una delle Medicine riconvertita in reparto covid e qui nella sfortuna almeno ci si fa compagnia. “Io mi stavo rimettendo e con me c’era un compagno di stanza in cui la malattia era abbastanza grave e io cercavo di stargli dietro e rincuorarlo. Per fortuna le cose sono andate bene per entrambi. E io non mi toglierò mai dalla testa l’applauso che mi ha riservato tutto il personale quando sono uscito per essere trasferito nel reparto a bassa intensità. È stato emozionante”.

La nascita di Emanuele

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Nel reparto a bassa intensità Carlo trascorre i 14 giorni finali del ricovero. “Sono stati 14 giorni di coccole e la prima volta che ho provato a camminare non li dimenticherò. Intanto la data del parto si avvicinava e ogni giorno poteva essere quello buono. Tutti in reparto sapevano del mio piccolo in arrivo e mi chiedevano. Finalmente ci siamo, è l’inizio di aprile. Emanuele è nato in un altro grande ospedale di Milano a pochi chilometri da Niguarda. La mia compagna era là e io qui, separati e uniti solo dal telefono. È andato tutto bene e finalmente dopo un mese di distacco ho potuto rivedere la mia compagna. Mio figlio invece l’ho potuto tenere in braccio dopo una settimana dalla sua nascita. Ho voluto mandare la foto anche al personale di Niguarda, mi dicevano devi farcela anche per lui. Per fortuna ce l’ho fatta”.

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