Buon Natale, alla tua generazione. Pandemia non è
In questi mesi abbiamo fatto della cronaca una storia.

Buon Natale, alla tua generazione. Pandemia non è.
Buon Natale, alla tua generazione. Pandemia non è
Che ne sarebbe della nuova generazione se, chi è arrivato prima, non avesse lasciato niente in cui credere? Ma credere significa anche imparare, imitare; ecco, direi “vorrei essere come lei, come lui”. La nostalgia è vinta dalla memoria che resta, quel "quid" che rende presente un fatto accaduto da cui attingere e vivere ora, in tutto il suo valore. Molte delle persone che ho intervistato mi hanno testimoniato come tutto questo sia possibile. Quante domande sorgono se solo per un momento si ascoltasse sul serio la storia personale. Le domande che mi pongo in questi tempi di Pandemia non sono quando finirà, quando tutto tornerà come prima. Non voglio vivere nel futuro, senza togliere nulla al desiderio del presente di straordinaria serenità. Paura e amarezza sono diventati compagni di cammino, così come la certezza che nulla succede a caso. Questo Natale, in questa faticosa circostanza, ci sfida a riprendere coscienza che se niente succede a caso, nulla dal Padre Eterno è dovuto, ma tutto resta è amato. Domanda e risposta sono una conquista personale, un braccio di ferro con Dio che lotta nel profondo dell'anima e ci lascia l'ennesima domanda: “Mi ami tu? Chi sono per te? Perché mi hai abbandonato? Forse volete andarvene anche voi?” Queste domande sono umane, prima ancora che divine. Fatte da chi ci vuole bene e che ci vive intorno ora e adesso nella circostanza in cui viviamo. Sicuro è che sono domande che ognuno di noi avrebbe paura a fare e ancor di più a rispondere. Provateci, proviamoci! Buona Natale, vissuto nella realtà in ogni circostanza!
Ed ora, riprendiamo il nostro viaggio tra le nuove generazioni.
L'incontro con Sara Melgrani (30 anni) è travolgente: “Per ottenere quello che si desidera occorre non arrendersi mai”. Con una libertà infinta racconta di se a ruota libera. "Sono laureata in Scienze umane dell’ambiente, del territorio e del paesaggio e specializzata in Valorizzazione culturale del territorio e del paesaggio, presso la Statale di Milano. Lauree molto interessanti ma con pochi sbocchi lavorativi. A volte penso che siano dei pezzi di carta privi di valore e che non aumentino le chance di trovare impiego. Per un disabile è ancora più difficile in quanto viviamo in una società basata su una frenetica produttività e, nonostante le idee dell’opinione pubblica, le belle parole e le finte promesse dei politici, nessun datore di lavoro vuole assumere un dipendente invalido che possa produrre meno o che pensa erroneamente che possa produrre meno”.
Eccomi all'intervista più difficile. Avete mai provato a chiedere a vostra figlia di rispondere a delle domande sulla vita? Beh, consiglio di provarci. Eccomi con Marta Caporale (29 anni): "Vorrò stare sempre dalla parte di chi perde (apparentemente). Ora lavoro nel maneggio, lezioni di equitazione per tantissimi bambini, ragazzi e adulti disabili del territorio: attività studiate con cura e strettamente individualizzate. Il futuro a volte mi spaventa, ma una cosa la so: io vorrò stare sempre dalla parte di chi perde.[...] Il sistema che abbiamo attorno mi sta stretto e sento che mi costringe. Sento che l’ansia che a volte mi assale e mi spinge a non essere serena non viene da dentro ma da fuori: da una società troppo complessa e aggressiva, da politici insulsi, da ingiustizie sociali”.
CronistaINLibertà
a cura di Renato Caporale
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