la cerimonia

185 anni di impegno e inclusione: l’Istituto dei Ciechi di Milano celebra la sua storia

Autorità civili e religiose riunite in via Vivaio per ricordare un percorso fatto di innovazione, autonomia e solidarietà

185 anni di impegno e inclusione: l’Istituto dei Ciechi di Milano celebra la sua storia

L’Istituto dei ciechi di Milano festeggia 185 anni. All’evento celebrativo nella storica sede di via Vivaio hanno partecipato, accolti dal presidente dell’istituto Rodolfo Masto, l’arcivescovo Mario Delpini, il sindaco Giuseppe Sala, il presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana e Mario Barbuto, presidente dell’Unione italiana dei ciechi e degli ipovedenti.

185 anni di impegno e inclusione: l’Istituto dei Ciechi di Milano celebra la sua storia

MILANO – “Siamo qui in primis per ringraziare l’Istituto per tutto quello che ha fatto in questi lunghissimi anni”, ha detto il sindaco Giuseppe Sala. “Io ho capito -ha proseguito il sindaco- in particolare l’importanza del vostro lavoro, della vostra opera, anche divulgativa, negli anni, ma molto anche in Expo: all’interno del Padiglione Italia, si erano inventati il mercato nel buio, una presentazione della Vucciria dal mercato di Palermo, dove non si vedeva nulla ma si sentivano voci, suoni, profumi, era un’esperienza veramente straordinaria”.

Sala: “Non vedenti cittadini di Serie A”

Il sindaco ha sottolineato:

“Tutto il lavoro che nei 185 lunghi anni di storia l’Istituto ha fatto, è teso non solo a dare un’opportunità a tante persone, ma credo a convincere la collettività che non solo non basta, e ormai non è più di nessuna utilità, un atteggiamento un po’ paternalistico, ma bisogna trovare le formule per far sentire cittadini di ‘Serie A’ i non vedenti. È chiaro che il lavoro in particolare, quindi essere inseriti in percorsi professionali, è la cosa più importante, è la cosa che è da fare. Le formule sono tante, viviamo in un’epoca in cui la comunicazione è molto importante e io vorrei chiudere con una preghiera un po’ per tutti. C’è bisogno – ha concluso Sala – di tantissimo passaparola, del fatto che ognuno di noi uscito da qui spieghi quello che ha fatto, sentito, provato e si faccia portatore di questo messaggio. Un messaggio di speranza, veramente fondamentale per la nostra città, per il nostro territorio e per il nostro Paese. Porto i ringraziamenti di tutti i milanesi per il grande lavoro che avete fatto”.

Fontana: “Un modello di cui la Regione è orgogliosa”

Il presidente Attilio Fontana ha ricordato che nella sua esperienza di sindaco di Varese

“avevo realizzato proprio un museo del tattile, una realtà che ha ottenuto tanto successo, anche perché riesce a mettere nelle condizioni chi non è cieco di calarsi in questa realtà e di cercare di ricostruire con le mani i diversi monumenti”. Fontana ha sottolineato: “È un orgoglio essere presenti perché il vostro è diventato veramente un modello, che credo possa essere un orgoglio per la nostra regione. Voi avete in questi tanti anni saputo includere tante persone cieche, coinvolgere tante persone ad aiutarvi, creare veramente una realtà vitale piena di significato e piena di riconoscimento da parte di tutta la comunità. Avete saputo innovare, approfittare delle innovazioni tecnologiche, creare le condizioni per fare sì che tante persone possano entrare a far parte a tutti gli effetti della nostra società, possano essere e sentirsi a tutti gli effetti membri attivi della nostra società. E questo credo che sia il risultato più bello che voi possiate realizzare e che avete realizzato in tutti questi anni”.

E ha concluso:

“Auguro a questo istituto una vita che continui ad essere bella, propositiva, piena di successi, come lo è stata in questi primi 185 anni. Un grazie per il lavoro che svolgete e un augurio per i prossimi 185 anni”.

Doni simbolici alle autorità

Al sindaco Sala è stata donata una rappresentazione di Palazzo Marino come la percepiscono le persone non vedenti quando la esplorano con le mani, mentre al presidente Fontana quella dell’Arco della Pace.

“Qualcuno ha detto che questa era la Casa dei Ciechi, ma questa è sempre la Casa dei Ciechi, non deve cambiare mai questo segno e questa connotazione”, ha detto Mario Barbuto, presidente dell’Unione italiana dei ciechi e degli ipovedenti. Barbuto ha anticipato un progetto che coinvolgerà la città di Milano: “Faccio e facciamo, come Unione Italiana ciechi e ipovedenti, un piccolo dono a questo istituto e alla città di Milano. Tra le pochissime città in Italia, sei, Milano è stata scelta come una di quelle che dal 2026 ospiteranno una grande azione di sostegno all’autonomia e alla vita indipendente con una delle case che abbiamo voluto chiamare ‘Case della Luce’ che verranno sostenute attraverso un grande progetto che l’Unione realizzerà con il Ministero della Disabilità che si articolerà su 30 mesi e avrà come obiettivo fare un passo avanti, la promozione della vita indipendente con la tecnologia, con tutto quello che si può avere. Una di queste Case della Luce – ha concluso – verrà istituita a Milano e siamo convinti che l’istituto e il Presidente Rodolfo Masto non ci faranno mancare il loro sostegno, appoggio e supporto concreto come è sempre stato. I nostri occhi sono aperti sul futuro e questo istituto ci ha aiutato e ci aiuterà a tenere aperti quegli occhi”.

Delpini: “Il bisogno dell’altro è una chiamata”

È intervenuto anche l’arcivescovo Mario Delpini:

“Nel Vangelo Gesù contesta duramente l’idea che Dio possa mandare una disgrazia o essere all’origine di un male. Il Dio di Gesù manda il bene, non il male. Ma cosa significa allora una disabilità, un limite? Questa storia dell’Istituto è stata interpretata così – ha detto – il bisogno dell’altro diventa una chiamata per me. La presenza di un limite o disabilità non si sa da dove viene, nessuno può dare la colpa a Dio. Certamente si sa che il bisogno dell’altro è una invocazione: ‘Dammi una mano’. Questo è quello che hanno vissuto tutti i protagonisti di questo istituto. Non solo il tuo bisogno mi chiama ma il mio bisogno chiama te. In realtà, l’idea più sensata è che questa società è costituita dal fatto che ciascuno dà il suo contributo: tutti abbiamo qualcosa da dare, una responsabilità di costruire questa città e questa società. Si deve passare – ha concluso Delpini – all’idea che tutti abbiamo bisogno e tutti possiamo dare qualcosa gli uni agli altri”.