Qui e ora: in viaggio con Don Alessandro alla riscoperta del senso del Natale

Il nostro augurio giunga col cuore a tutti voi.

Qui e ora: in viaggio con Don Alessandro alla riscoperta del senso del Natale
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Qui e ora: in viaggio con Don Alessandro alla riscoperta del senso del Natale.

Qui e ora: in viaggio con Don Alessandro alla riscoperta del senso del Natale

PREMESSA

Prima di far parlare un “esperto in materia”, solo poche righe a conclusione di questo anno. 2020, ci piaceva tanto questo ordine, anche solo nello scrivere la data. Tanti buoni propositi per ognuno di noi (personalmente avrei dovuto sposarmi, fare un viaggio pazzesco rispetto ai nostri standard, iniziare un progetto lavorativo che avrebbe “spaccato”, e altro ancora). E invece… diciamo che è andata come è andata: ben diversa da qualsiasi (anche la più catastrofica) aspettativa. L’anno scorso il mio saluto/augurio di Natale su queste pagine aveva suscitato scandalo, con tanto di mail sdegnate e qualche insulto alla mia persona (in realtà era solo una provocazione, per chi voleva capire, con quel titolo “E anche questo Natale ce lo siamo levato dai…”), ma il mio voleva essere un monito a tornare alle origini di questa festa. Mai come quest’anno possiamo ritrovare il vero spirito del Natale. E, seppur con meno abbracci e meno doni, potrà essere comunque festa (un po’ meno per chi è in coda per un tozzo di pane o appeso ad un respiratore in ospedale, siamo d’accordo? Capito perché bisogna piantarla di lamentarsi?).

Il mio augurio e quello di tutto lo staff giunga col cuore a tutti voi, nella buona e nella cattiva sorte, assieme ad un abbraccio rigorosamente virtuale.

Andrea Demarchi

Ed ora… entriamo un po’ nello spirito di questo Natale 2020, grazie alle parole di don Alessandro.

“Il Natale quando arriva arriva” diceva una celebre pubblicità qualche anno fa

infatti è arrivato anche quest’anno, puntuale, stessa data! Il 2020 avrebbe dovuto essere l’anno delle grandi svolte, credevamo tutti in esso e la singolare combinazione della doppia cifra ripetuta, ci faceva sperare in un anno di Rinascita!

Suscita sempre compassione osservare come noi uomini siamo capaci di abbracciare queste contingenze ed attribuire ad esse il potere di una forza capace di guidare il cambiamento che ci aspettiamo. Eppure quest’anno la realtà ci ha fatto sbattere contro il muro di cartone delle illusioni costruite dalle nostre mani, un pò come il giovane Jim Carrey nel film the Truman show. La realtà ci ha scossi con ben due ondate di pandemia che ci ha costretto ad essere più prudenti con ciò che crediamo di addomesticare: “Il senso della vita”. Già, perché la vita, prima di essere pensata e costruita, chiede di essere accolta! Accendendo la tv, è possibile osservare come questo tentativo di addomesticare la vita, lo facciamo con tutto, e questo si nota in modo particolare con le parole e il loro significati. Sentiamo ripetutamente anche in questi giorni la parola Natale. Il Natale sarà cosi, a Natale si potrà fare questo, non si potrà fare quest’altro, ci si potrà spostare da qui a là…

Ma cos’è il Natale?

Questo delirio di onnipotenza in cui navigavamo si è imbattuto nella tempesta del Coronavirus e si è più volte incagliato negli scogli dei ripetuti DPCM. La durezza della realtà ci sta facendo accorgere che anche il vento di alcune parole non suona più al nostro orecchio con quell’ovvietà solita, non volano più lisce come assodate, come se fosse un’assurdità chiedersene il senso.

Quest’anno il Natale sarà diverso!

È vero, sarà diverso! In cosa consisterà questa diversità? E se dentro questa diversità ci stesse qualcosa che potesse far breccia in noi, per risvegliare una domanda che finalmente ci porti fuori dal formalismo dei termini e ci conduca per una strada insolita, eppure così corrispondente, a scoprire il nostro profondo desiderio umano, che dall’abisso del nostro essere grida il bisogno di felicità che lo costituisce? E se la “diversità” di questo Natale ci portasse a chiederci cos’è il Natale o chi è il Natale?

Sessant’anni fa un giovane sacerdote entrò a fare religione in un liceo “bene” della borghesia milanese e la prima frase che si sentì rivolgere fu: “Professore, è inutile che lei venga qui a parlarci della fede, perché a scuola si ragiona, e fede e ragione sono come due rette sghembe che non si incontreranno mai, quindi è inutile che venga qui! Dopo un attimo di sorpresa per l’audacia dello scolaro, il professore chiese con calma cosa fosse la fede per il ragazzo. Nessuna risposta! Girò dunque la domanda alla classe. Nessuna risposta! Fece lo stesso per la ragione; prima al ragazzo poi alla classe. In entrambe i casi nessuna risposta!

Il professore, preso da compassione e rabbia, inveì: “Voi usate parole di cui non conoscete il significato, ma come potete andare avanti così? Accusate me di essere nel posto sbagliato e lo fate con categorie di cui non possedete il significato. Non è degno di voi!” Quell’indegnità ha fatto molta strada! E oggi ha trovato un ostacolo (benedette inquietudini). La vita non può essere rinchiusa nei concetti astratti! Si ribella, non ci sta! E chi sente la vita, anche far male (perché la pandemia ci ha fatto male), può forse iniziare a capire che essa non è una “cosa”, bensì un Mistero. La mia vita, la tua, la nostra.

E se partissimo davvero da questa diversità percepita per “riguadagnare”, come diceva Goethe, il senso delle parole, per riprendere il senso della vita? (“Ciò che hai ereditato dai tuoi padri riguadagnatelo se vuoi possederlo”).

In questo cammino troveremo un insolito e insperato aiuto, perché proprio la parola Natale ha a che fare con la parola Vita. Una vita, che avevamo perduto e che Dio, commosso dalla nostra impotenza, è venuto a ridonarci mandando suo Figlio. Una vita che, oltre che mangiare, lavorare, guadagnare, cercare un vaccino (tutto giusto e necessario, intendiamoci) chiede di più, e questo di più possiamo riguadagnarlo proprio a partire dal Natale, dal significato del Natale: Dio ha mandato suo figlio, per rifarci Figli.

Oggi, come ieri, quello di cui abbiamo bisogno è sapere che la nostra vita è voluta, fatta e amata da un Padre e che quel bambino che nelle tenebre di una notte è venuto come una grande luce, dice il Vangelo di San Giovanni , “a chi lo ha accolto ha dato il potere di diventare figli di Dio”; e lo siamo realmente! Ecco cosa è il Natale: una vita, che Dio in un bambino ci ha ridato, per essere di nuovo protagonisti, da Figli, in un mondo che, tutto sommato, Dio non si è stancato di riconsegnarci nelle mani come fece quella notte.

“Ai tempi di Erode, la notte in cui nacque Gesù, gli angeli portarono la buona notizia ai pastori. C’era un pastore poverissimo, tanto povero che non aveva nulla. Quando i suoi amici decisero di andare alla grotta portando qualche dono, invitarono anche lui. Ma lui diceva: “Io non posso venire, sono a mani vuote, che posso fare?”.  Ma gli altri tanto dissero e fecero, che lo convinsero. Così arrivarono dove era il bambino, con sua Madre e Giuseppe. Maria aveva tra le braccia il bambino e sorrideva, vedendo la generosità di chi offriva cacio, lana o qualche frutto. Scorse il pastore che non aveva nulla e gli fece cenno di venire. Lui si fece avanti imbarazzato. Maria, per avere libere le mani e ricevere i doni dei pastori, depose dolcemente il bambino tra le braccia del pastore che era a mani vuote”.

Forse, anche le mani vuote in questo 2020, non sono necessariamente un male.

Buon Natale!

Don Alessandro Cerrutti

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