Alessandra si racconta: "Da grande farai grandi cose...e tu cosa ne sai?"
Un viaggio nelle nuove generazioni pronte a "riconquistare quello che i nostri padri ci hanno lasciato in eredità".
Alessandra si racconta: da grande farai grandi cose...e tu cosa ne sai?.
Alessandra si racconta: da grande farai grandi cose...e tu cosa ne sai?
Per chi conosce Alessandra Avantaggiati sa già che "tradurla" è simpaticamente impossibile. Per chi non la conosce, dico che almeno una volta nella vita dovreste incontrarla per scoprire che con lei tutto è contrario di tutto, ovvero tutto è possibile… o no? Anticonformista con i conformisti e conformista con gli anticonformisti, una nuova categoria umana del "fai da te" e, per restare in famiglia, si potrebbe classificare come parte degli AVANTAGGIATI (ma ancora non lo sa). Ecco, c'è chi sceglie, sempre per te. Alessandra, 29 anni, vive con una forte e dirompente personalità, vive con la malinconia, compagna fedele della sua vita. Vive in tempi moderni come in un'altra epoca: quella del romanticismo. Nel frattempo si lascia alle spalle un passato pieno, delle scelte che altri hanno fatto per lei, cerca un futuro, il suo futuro ideale: quello dove nessuno le dica cosa fare o non fare. Questo desiderio ha una verità nascosta. Non male. Non male? Laureata in economia gestione d'azienda, le risorse umane sono il suo mondo e, per raccontarlo, si prende continuamente in giro. Iniziamo l'intervista con il suo sguardo da sociologa ma poi la mascherina (Covid permettendo) viene giù. Incontriamo il suo vero volto umano in tutta la sua disarmante e voluta incomprensione di sè.
Allora, Alessandra ha fatto per caso il liceo?
Sì, mi hanno fatto fare il liceo linguistico. Io avrei voluto fare l'artistico, visto che però ero una capra (da intelligente) preferivo la compagnia allo studio. Mia madre, consigliata da un'amica, certamente consigliata da altra amica, ha deciso per me. Hanno scelto una scuola privata, dicevano che quella scuola era adatta a gli introversi come me. Capito? Introversa?! Non ero di certo malata, nel mio angolino stavo bene. Perché alzarmi dal mio "angolino di vita" che mi rendeva me stessa? E poi, per andare dove? Dove tutti erano identici? Se mi dovevo alzare dal mio angolino, non volevo finire nella mischia generale. Non volevo quella scuola, in realtà da sempre non volevo che gli altri decidessero per me e alla fine per troppi anni li ho lasciati vincere sulla mia idea. Tutto questo non mi piaceva per niente. Ritornando al liceo, ho fatto i primi tre anni da incubo ma poi è scattato qualcosa, quella scuola ha cominciato a piacermi e, ti dirò, mi sono scoperta pure brava. Ho scoperto la letteratura e gli ultimi anni li ho fatti volentieri. Certo, sono stata pure brava a resistere ai primi tre. Dopo il liceo, eccomi all'università, ancora una volta qualcosa e qualcuno decide per me, speriamo che non sia così per tutta la vita... Volevo fare Scienze e Tecnologie ambientali e mi sono ritrovata a fare Sociologia del Lavoro, facoltà di Economia e Sociologia dove c'era di mezzo la gestione delle risorse umane.
Alessandra, a caso o non a caso, com'è andata all'università?
Diciamo non a caso. Tre anni di sociologia del lavoro sono stati bellissimi, nel frattempo facevo tantissimi altre cose: lavoravo non a tempo pieno in un call center, in pizzeria tutte le sere facevo la cameriera, poi nella formazione. Anni bellissimi, ero contenta, facevo già una vita da adulta perché con i miei coetanei non ci stavo mai, ero tranquilla e contenta, ma, visto che non mi bastava mai, ho detto: “Vabbè, ormai Sociologia del Lavoro la mastico bene, andiamo a fare qualcos'altro e mi sono iscritta alla magistrale in Economia a Piacenza (faticosamente da pendolare) perchè a Milano il numero era già chiuso. Poi per fortuna il secondo anno ho trovato lavoro e quindi andavo lì solamente a fare gli esami. La cosa positiva è che se io non fossi mai andata a Piacenza non avrei mai iniziato a lavorare in Microsoft. La mia insegnante in risorse umane a Piacenza aveva rapporti diretti con Microsoft ed è stata un po' lei a mettermi in contatto con loro. Abbiamo fatto un sopralluogo in Microsoft, delle esercitazioni, e mi era piaciuto tantissimo. Allora mi son detta: io verrò a lavorare qui.
Liceo, Università è anche il periodo dei grandi amori. E tu?
Ho vissuto una relazione travagliata quando avevo 17 anni, quindi molto. Una storia durata nove anni con l'eterno problema: non andavamo molto d'accordo nelle rispettive famiglie quindi è stato bello ma faticoso, concluso. Nel crescere ci scoprivamo sempre più diversi anche tra noi. Io ero molto introversa, anticonformista e ribelle e lui tutto educatino, socializzava poco o niente, non amava le tradizioni. Insomma, per me il Natale resta il Natale, la famiglia e tutto il resto ha valore. Venivamo da due mondi e tradizioni completamente diversi e poi amavo essere corteggiata... Ma lui ha sempre avuto il braccino corto: tre rose non mi bastavano, ne volevo un mazzo, poi ero continuamente provocata dalla mia famiglia che mi faceva notare di lui anche le più piccola cose negative. Sì, all'inizio era più un problema delle nostre famiglie ma anche noi ci mettevamo del nostro.
Le rose? Il corteggiamento? Molto romantico, sì, ma non certamente anticonformista. Sbaglio? A questo punto, cosa significa essere per te anticonformista?
Sì, hai ragione, sono partita anticonformista ma non voglio esserlo più. Voglio essere me stessa, ma continua a non piacermi chi mi dice cosa fare o non fare. Allora ritorno ad essere anticonformista con i conformisti. Sono coloro che magari ti chiedono sempre: “come stai?” Come se io lo sapessi. Poi quanto realmente interessa a chi te lo domanda? A volte mi resta in mente la domanda, molto più di quel classico "bene, grazie" a cui rispondo faticosamente. Non è certamente facile sapere come uno sta, io ci devo pensare almeno mezzora. Una sana bugia toglie di mezzo gli intrusi. Mmh, anticonformista? Se il corteggiamento, le rose, il natale o essere amata è da conformista, allora sono molto conformista... Se al contrario c'è sempre qualcuno che ti dice cosa fare o non fare… Bhe, allora sarò anticonformista tutta la vita. Gioco: con i conformisti divento -anti, mi diverto!
Quando smetti di giocare con te stessa cosa succede?
Anche quando mi rendo conto di essere me stessa, la mia testa cerca sempre di controllare il mio atteggiamento, mi giudico all'istante. Mi domando se quell'essere vera non possa danneggiarmi. Si capisce quello che voglio dire? Ve lo spiego meglio: ho sempre vissuto una vita difficile a livello emotivo, sempre provocatoria, e per fortuna non mi è mancata una casa, del cibo, una famiglia. Ho sempre incontrato persone che sin da bambina mi continuavano a dire "farai grandi cose da grande" e tutti cercavano di tirami fuori dall'angolino che avevo tutto per me in ogni socialità. Ero costretta e mi domandavo se è per forza necessario fare qualcosa da grande? Non basta quello che uno è? Quell'essere che ama l'umano dell'altro, che difende il suo spazio vitale; in fondo non chiedevo altro che essere amata per quello che sono...
Alessandra come vedi la tua generazione e quella dei nostri padri?
In un mondo completamente diverso la generazione dei nostri nonni aveva da conquistare il pane, il lavoro la casa. Un benessere materiale che mancava. Su questo fronte, la mia generazione invece ha trovato tutto questo bello che pronto. Ma la mia generazione è fantastica e io la amo. Resta una generazione piena di energia e cuore, che non manca di esprimere in ogni social. Certo, forse dovrebbe metterla in azione. Il valore c'è, forse è un po’ sopito? Bisogna sempre punzecchiarlo, farlo emergere. Che sia compito degli adulti?
Forza Alessandra provaci anche tu.
La conversazione continua con una semplicità e schiettezza che rende Alessandra fuori dall'angolino ma non messa all'angolo da chi pensa che altri possano decidere per lei e della sua vita. Un giorno è fuggita a Praga per cercare di liberarsi di quelli che volevano vivere la vita al suo posto. È tornata oggi è ha tutto più chiaro. Vive la sua professione in una grande azienda dove si occupa delle risorse umane. Il compito? Favorire la coscienza dell'appartenenza all'azienda, consolidare il gruppo, gli scopi, l'immagine e favorire ogni risposta al bisogno di chi lavora. Sono certo che Alessandra non dirà a nessuno cosa fare o non fare ma offrirà a ogni umano incontrato criteri ideali per vivere al meglio e con dignità il proprio lavoro. La sua vita. Certo è che l'appartenenza è una bella storia da vivere...in ogni luogo. Ciao Alessandra fai come vuoi,quello che vuoi. I criteri della vita li hai già nel tuo cuore.
CronistaINLibertà
a cura di Renato Caporale
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