"Sono in quarantena e ho paura che l'ultimo sguardo sia quello a un infermiere"
La testimonianza di Federico: "Per la festa del papà niente baci. Voglio riabbracciare la mia famiglia. Basta incoscienti, pensate ai vostri cari".
"Sono in quarantena e ho paura che l'ultimo sguardo sia quello a un infermiere".
"Sono in quarantena e ho paura che l'ultimo sguardo sia quello a un infermiere"
ROZZANO – Una testimonianza, un racconto che fa capire il momento che vive chi è costretto alla quarantena e a combattere il virus.
Un segnale di speranza, di forza, per dire “ne usciremo”
Un messaggio che vuole dare coraggio a chi sta vivendo questa drammatica situazione, ma anche un segnale di speranza, di forza, per dire “ne usciremo”. A parlare è Federico Maccari, 44enne di Rozzano, che si trova chiuso in casa per un “sospetto covid-19. Passo le mie giornate da un balcone all'altro, tra una mascherina e un colpo di tosse, lontano dagli abbracci delle mie figlie, lontano dai baci di mia moglie, lontano da una famiglia normale”.
La testimonianza di Federico Maccari, 44enne di Rozzano
Le ore di Federico passano “tra una febbriciattola e un'altra, dai racconti di mia moglie che lavora in ospedale e i pensieri di paura. Paura che questo mostriciattolo verde possa impossessarsi del mio corpo, della mia testa, con la paura che possa entrare nel mio cuore e devastare tutti i miei ricordi”. Paura. “Paura che l'ultimo squillo sia al 118, che l'ultimo sguardo possa essere quello di un infermiere. Paura che quello che hai fatto nella vita finisca, tra le lacrime di sopraffazione dei medici e le lacrime disperate dei tuoi cari, che non potranno toccarti e l'ultimo loro ricordo è quello di averti visto sdraiato su di una lettiga. E quindi pensi, pensi e ripensi. Pensi agli sbagli che hai fatto, ai sorrisi persi, agli abbracci mancati, alle parole non dette”.
Le sue giornate tra paura e coraggio
“Incominci a pregare e a cercare segnali e quando la mattina ti svegli dici "dai che stamattina respiro e la tosse è migliorata". Ti rendi conto di quanto tempo hai sprecato a non dire ciò che avresti voluto dire, a ciò che avresti voluto fare ma non hai fatto”. Ma poi, la speranza: “guardo il sorriso lontano delle mie figlie, di mia moglie e dei miei cari, le chiamate e messaggi per sapere come stai da parte di amici e colleghi e quindi reagisci, combatti umilmente la tua paura e questo mostriciattolo verde. Ritorni sul balcone a prendere una boccata d'aria con la tua mascherina e vedi la gente correre, sorridere, passeggiare e ti dici "vorrei avere la loro incoscienza". Ma grazie a Dio non ce l'ho. Perché la paura ti ha portato ad avere coscienza e il desiderio di tornare a ridere spensierato con tutti i miei cari è più forte di una passeggiata, più forte di una corsa, più forte del tanto a me non colpisce”.
I pensieri negativi
Un pensiero fortissimo rimbomba nella testa di Federico: “Non voglio essere sdraiato su un letto e dire a chi cura "dite a mia moglie che la amo, alle mie figlie di ricordarmi con tutte le risate passate insieme, ai miei genitori che li ho sempre amati, senza mai dirglielo, dite ai miei amici grazie per avermi ascoltato e sostenuto, sopportato e accettato, dite alla gente che tutto andrà bene”.
E poi il desiderio, la speranza
La paura, la rabbia: “Sentire che c’è ancora gente incosciente che non ha ancora capito che questa è una guerra silenziosa, che il prossimo proiettile potrebbe essere una stretta di mano, un colpo di tosse. E come in tutte le guerre ci rimette il più debole. Tutto questo fa salire tanta rabbia”. E poi il desiderio, la speranza: “La voglia di riabbracciare la mia famiglia è più forte di tutto, anche del virus. Oggi, per la festa del papà, mi sono dovuto girare di spalle per ricevere gli auguri e spiegare a mia figlia perché non può darmi un bacio. È dura, ma ne usciremo”.
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