Blitz contro 'ndrangheta, 19 arresti tra Lombardia e Calabria: gli arrestati

Uno degli arrestati aveva contatti anche con Trezzano sul Naviglio: qui ha vissuto la moglie insieme al figlio e al nipote.

Blitz contro 'ndrangheta, 19 arresti tra Lombardia e Calabria: gli arrestati
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Blitz contro 'ndrangheta, 19 arresti tra Lombardia e Calabria: gli arrestati.

Blitz contro 'ndrangheta, 19 arresti tra Lombardia e Calabria: gli arrestati

Imprenditori che si affidavano ad appartenenti alla ‘ndrangheta per intimidire, minacciare, farsi largo tra appalti e commesse. Succede tra Bergamo e Brescia, ma le indagini del Ros hanno varcato i confini mettendo in luce movimenti anche nelle province di Milano, Pavia, Como, Novara, Firenze e Reggio Calabria.

L'inizio delle indagini

Tutto ha inizio con un incendio violento: nel 2015 14 mezzi di una ditta di autotrasporti di Seriate vengono danneggiati, di cui sei dati alle fiamme. Un danno enorme per la società: i camion e i trattori vengono distrutti dal rogo, appiccato in modo inequivocabilmente doloso. Le telecamere installate nell’azienda e le taniche di benzina trovate nel parcheggio del magazzino non lasciano dubbi. Gli autori si sono introdotti di notte all’interno dell’azienda, hanno spaccato i finestrini dei tir e hanno versato gasolio nelle cabine, a cui hanno poi dato fuoco.

La rivalità tra due ditte

Il Comando Provinciale dei carabinieri di Bergamo inizia subito le indagini e scopre che dietro l’incendio doloso c’è una rivalità tra due ditte che si occupano entrambe di trasporti e tutte e due sono nell’ambiente dell’ortofrutta: concorrenza spietata. Nel 2016 la rivalità si fa più forte, quando le ditte terze per le quali lavorano decidono di affidarsi a una sola azienda, valutando la migliore offerta.

I giochi sporchi

Iniziano i giochi sporchi, con il coinvolgimento di personalità di calibro, pienamente inserite all’interno delle cosche calabresi, al fine di ottenere gli appalti, senza esclusione di colpi. Dopo attente indagini, la Dda di Brescia riesce a fare luce sull’incendio: il mandante è Giuseppe Papaleo, 49 anni, nato a Crotone, residente negli Emirati Arabi e domiciliato a Predore (Bergamo), titolare dell’impresa in concorrenza con quella a cui erano stati incendiati i mezzi.

Mandante ed esecutori

Gli esecutori materiali sono Domenico Lombardo, Mauro Cocca e Giovanni Condò, mentre Vincenzo Iaria, nel gruppo, ricopre il ruolo di “reclutatore” degli esecutori. L’associazione pensava di mandare così un segnale al titolare della ditta, Antonio Settembrini e convincerlo a rinunciare a una buona fetta del suo mercato. A togliere ogni dubbio sulle responsabilità, un’intercettazione in cui Cocca discute con la moglie: “Un disastro amore, un disastro. Mi hanno chiamato a parlare, sanno tutto, hanno tutto. Io ho portato le taniche”. Settembrini aveva già intuito quello che stava per succedere: “Mi vuole fare fuori quello, far uscire dai giochi, così nella zona rimane da solo a dettare legge”, parlava a un amico dopo il rogo.

Settembrini, non proprio una vittima

Ma il profilo di Settembrini, in questa vicenda, non è quello di una vittima, anzi. Nato a San Giorgio Lucano e residente a Grassobbio (Bergamo), Settembrini, 54 anni, per gli inquirenti era il mandante di una serie di minacce e intimidazioni ai danni di altri imprenditori della zona (tra cui Papaleo, figlio di Claudio, già condannato per associazione mafiosa e fratello di Francesco Antonio, il reggente della famiglia Arena di Isola di Capo Rizzuto. Francesco fu ucciso in un agguato: da quell’omicidio nacque la guerra tra le famiglie Arena e Nicoscia).

Blitz contro 'ndrangheta: le minacce ai concorrenti

Per minacciare i concorrenti, Settembrini reclutava personaggi di spessore che potevano rivendicare l’appartenza alla ‘ndrangheta. Tra questi, la famiglia Caminiti, di Reggio Calabria: padre, figlio e nipote (Carmelo, Michele Fabio e Carmelo), professionisti delle intimidazioni, in particolare il capostipite Carmelo, classe 1961. I legami con la ‘ndrangheta sono di alleanze e sangue: i Carminiti sono ricollegabili alle cosche Franco e Tegano-De Stefano. Con la prima in seguito al matrimonio di Carminiti con Anna Maria Franco (nata a Taurianova, Reggio Calabria): legami di fedi che hanno rafforzato il potere della famiglia e il nome che spendevano per farsi dare denaro dagli imprenditori presi di mira.

Non solo: orologi Rolex, gioielli, diamanti. Periodicamente l’associazione si faceva consegnare qualche bene di lusso e una serie di ricariche postepay, per un valore complessivo di centinaia di migliaia di euro estorti senza alcun motivo, solo per “tenere a posto le cose”. Una vicenda dove sono implicate una ventina di persone che, a titolo diverso, lavoravano verso l’unico obiettivo di intimidire, minacciare e ottenere commesse e silenzio con il metodo mafioso.

Intrecci che portano a Trezzano sul Naviglio

Caminiti, 58 anni, pluripregiudicato, lavorava nel “recupero crediti” anche per la società dei fratelli Santini, sempre nel settore ortofrutta. Si muoveva tra Calabria e Lombardia con il suo gruppo, dove ognuno aveva il proprio ruolo (figlio e nipote erano i suoi autisti, la moglie era la contabile). Aveva contatti anche con Trezzano sul Naviglio: qui ha vissuto la moglie Anna Maria insieme al figlio e al nipote prima che la villa di via Boccaccio finisse nel bottino delle confische alla famiglia Franco. “Senti, mi stanno confiscando la villa a Trezzano. Mandami un qualcosa di soldi, che non posso muovermi, devo tirare via tutta la mia roba”, diceva al telefono a una delle vittime Caminiti, particolare che chiarisce come le minacce e le estorsioni non venivano fatte solo per conto di imprenditori, ma anche per trarne profitto personale.

Blitz contro 'ndrangheta: i nomi degli arrestati

Diciannove le ordinanze di custodia cautelare emesse dal gip del Tribunale di Brescia tra Lombardia e Calabria: in carcere sono finiti due Caminiti (il padre Carmelo, classe 1961, e il nipote omonimo classe 1986, soprannominato Ciopì, entrambi di Reggio Calabria), Demetrio Andrea Battaglia (Di Reggio Calabria, domiciliato a San Martino Siccomario, Pavia), Paolo Malara (di Reggio Calabria, detenuto a Catanzaro), Antonio Pizzi (di Reggio Calabria), Antonio Francesco Pizzimenti (Reggio Calabria), Maurizio Scicchitani (nato a Bareggio e residente a Cornaredo), Giuseppe Papaleo (nato a Crotone, residente negli Emirati Arabi e domiciliato a Predore, Bergamo), Vincenzio Iaria (di Taurianova, Reggio Calabria), Domenico Lombardo (di Reggio Calabria), Alessandro e Carlo Santini (nati a Bergamo ed entrambi residenti ad Azzano San Paolo). Domiciliari per Sergio Malara (di Reggio Calabria), Michele Fabio Caminiti (Reggio Calabria), Anna Maria Franco (Reggio Calabria), Antonio Rago (nato a Torino, residente a Cenate Sotto, Bergamo), Felice Sarica (nato a Reggio Calabria, residente a Spirano, Bergamo), Mauro Cocca (nato a Gavardo, Brescia, e residente a Villanuova sul Clisi, sempre Brescia) e Giovanni Condò (nato a Polistena, Reggio Calabria, e residente a Gavardo, Brescia).

 Francesca Grillo

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