Sanremo Funky: le mie considerazioni finali sul Festival di Sanremo 69
E' giunto il momento di congedarsi da Sanremo con le ultime valutazioni
Sanremo Funky: le mie considerazioni finali sul Festival di Sanremo 69.
Sanremo Funky: le mie considerazioni finali sul Festival di Sanremo 69
SANREMO - Partiamo dalla risposta alla domanda che da ieri notte chiunque mi fa, dalla portinaia alla collega, passando per la farmacista e il barista: sì sono contenta che abbia vinto Mahmood.
Il vincitore
E non è Mohamed ma Mahmood. Nome d’arte di Alessandro che, come mio cugino Mathar, vive a Milano da parecchio. E’ italiano, giovane e geniale (un po’ come mio cugino peraltro). La settimana nella camera iperbarica di Sanremo mi aveva fatto scordare quanto possono essere odiose le campagne elettorali prive di contenuti ma belle sature di odio pretestuoso. O rosso o nero, o Il Volo o Mahmood, senza argomentazioni, ma con qualche riga di studiata retorica demagogica.
Il brano
Soldi non era la mia canzone preferita del Festival ma stava tra le più innovative e comunque nei miei trend topic. Alessandro è un bravo autore, un ragazzo gentile e sensibile e chiude con questa canzone un trittico di brani serviti a buttare fuori da sé il veleno per un padre non padre che certo non ha agevolato la sua crescita. La sua terapia gli ha fruttato anche un bellissimo traguardo. Succede spesso che il dolore e la necessità diano i loro inaspettati frutti.
Cristicchi
Anche Abbi cura di me di Simone Cristicchi ha fatto il suo lavoro, anche in assenza di podio. Ha accarezzato le nostre vite, calmato i lividi, ci ha ricordato che l’amore è spesso la risposta. L’odio e la rabbia di Ultimo non lo aiuteranno a gioire di questo secondo posto. Ammesso che qualcuno in sala stampa sia prevenuto nei suoi confronti, che lo affronti con una dialettica più alta di un “non mi rompete il cazzo”. Ha talento, sa scrivere, che non cada nelle trappole della provocazione.
Gli altri Big
Che risponda con ironia e gioia, il suo concerto all’Olimpico a Roma è sold out, this is the answer. Felice proprio come il diretto interessato del Premio della Critica e della sala Radio Tv assegnato a Daniele Silvestri. Come dico dall’inizio Argento Vivo faceva una gara a sé dal titolo in giù, ed è giusto che il valore sia stato riconosciuto. Tra le canzoni che ho amato con un tepore che si è incendiato di giorno in giorno, ci sono I ragazzi stanno bene dei Negrita, Rose viola di Ghemon, La tua canzone di Ex Otago, Dov’è l’Italia di Motta e persino la bistrattata Un’altra luce di Nino D’Angelo e Livio Cori. Ho trovato fedeli alla (loro) linea Loredana Bertè, Paola Turci, Nek e Francesco Renga. Credibili Patty Pravo e Briga ma anche Federica Carta e Shade. Cambiata ed evoluta Anna Tatangelo, onesti da meritarsi abbracci Enrico Nigiotti e Boomdabash. Arisa tecnicamente è stata la migliore, nonostante la febbre, Achille Lauro quello che ha guadagnato più punti dopo aver intervistato per TimMusic. Einar e Irama sono rimasti lì dove li avevo sentiti il 18 maggio in Rai. The Zen Circus ancora da capire.
Cosa rimane
Rimangono, in ordine sparso, gli abbracci, la brioche di una addetta stampa che amo, gli addetti stampa che pensano di essere più artisti dei cantanti per cui lavorano e che di questi ultimi bevono il sangue. La falsità di molti, la verità meravigliosa di pochi. La musica, a tratti bellissima. Quella sala stampa che non lascerei mai, Mirtillo, gli ex colleghi ad aspettarmi fuori dal Forte Santa Tecla, le cure di Alessandra, il Medinight che è ricco di paracetamolo e io non lo sapevo. Alessandra Amoroso, Elisa, Giorgia, Fiorella Mannoia, perché le donne ci sono e sono così brave che amarle è semplice. Rimane Claudio Baglioni che rende la misura un valore e quella casa sul mare dove imparare a guardare dall’alto, dove ragionare sulla vita fino a notte fonda. Saper guardare le ossa stropicciate dalla tosse e amare anche quelle. Rimane, alla fine, la libertà di non avere paura.
Paola Gallo
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