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Questa settimana chiacchieramo con Tanja Pagano, per tutti Tia, nata a Milano il 6 giugno 1984. Approdata alla canoa poco prima dei vent’anni e con Alessandro, il futuro marito, lavora a contatto con bambini e ragazzi in molteplici contesti come l’Idroscalo, il fiume Ticino, il Naviglio, i laghi del nostro territorio (Mezzetta, S. Maria, ecc). Ha tre figli, Samuele, Camilla e Eva, che “mi hanno fatto capire quanto sia complicato fare il genitore amorevole ma, allo stesso tempo, educare veramente i ragazzi”.
I valori dello sport e associazionismo: l’intervista a Tanja (Tia) Pagano
ASSAGO – “Attualmente collaboro con diverse società sportive del territorio, soprattutto Canottieri San Cristoforo e Navigliosport, ma non mancano incarichi diversi, come il rafting con Sangro Outdoor Experience, i progetti di didattica sportiva Centro Coni nelle scuole di Zibido San Giacomo o la bellissima esperienza di quest’estate come Tecnico Federale FICK nel progetto dedicato ai ragazzi durante i mondiali di canoa e paracanoa a Milano. Sono inoltre vicepresidente dell’associazione Genitori Assago”.

La scuola e lo sport giovanile coinvolgono pressoché tutte le famiglie dei nostri paesi. Che valore ritieni sia il più importante per i nostri ragazzi, nel passato e per il futuro?
Uno dei valori più sottovalutati al giorno d’oggi è sicuramente l’empatia: non solo “mettersi nei panni dell’altro”, ma comprendere le sue emozioni e agire di conseguenza, nel rispetto e nell’aiuto reciproco. Forse in passato si parlava più di “rispetto”e “disciplina” verso l’autorità. L’empatia era implicita nella vita di comunità. Oggi, in un mondo digitalizzato e polarizzato, dove le interazioni sono spesso mediate e aggressive, l’empatia deve essere un insegnamento esplicito. È ciò che impedisce l’isolamento e crea legami autentici. Come istruttori di kayak, vediamo l’empatia in azione ogni volta che si esce in acqua. La sicurezza di tutti dipende dalla capacità di uno di mettersi nei panni di un altro. Se un compagno è stanco o è in difficoltà, il resto del gruppo deve rallentare, non lasciarlo indietro, e supportarlo. Questo sentimento si deve estendere anche all’ambiente. Un kayaker empatico rispetta il fiume/lago, non lascia rifiuti e comprende che è un ospite nell’ecosistema. L’empatia è la vera resilienza sociale. Lo sport e la scuola possono insegnare la tecnica e la conoscenza,
ma l’empatia insegna a vivere bene insieme, che è il successo più grande di un cittadino.
Cosa ti ha maggiormente motivato nei molti anni all’interno dell’Associazione Genitori di Assago? L’hai vissuta come dovere o come piacere? Ricordaci tra tante un’iniziativa storica
La motivazione nasce naturalmente dalla meraviglia che ritrovo negli occhi dei bambini ad ogni iniziativa. È quasi una missione trovare sempre un modo per rinnovare la loro gioia, anche con piccole cose: ad esempio, nella giornata della gentilezza distribuiamo “solo” degli adesivi, a forma di cuore o arcobaleno, ma con un significato denso e profondo, che viene percepito da grandi e piccini. In un mondo piegato all’apparenza, cerchiamo di riavvicinarli a una realtà più umana ed empatica. Questo è doveroso da parte di noi adulti, ma è anche una soddisfazione aiutare queste piccole menti a formarsi in modo sano e ad allenare quell’empatia di cui parlavamo prima. Una delle iniziative più impegnative ma anche più gratificante è stata sicuramente quella delle “Energiadi”, una 3 giorni quasi non stop di attività sportive e culturali all’interno della scuola, con postazioni di biciclette fisse che producono energia da tenere sempre in movimento, dandosi il cambio tra alunni, insegnanti, genitori, personale Ata, ecc. Abbiamo fatto vivere la scuola come luogo di aggregazione della comunità e non solo luogo di studio.

Hai una splendida famiglia numerosa: cosa hai visto maggiormente modificarsi negli anni tra i ragazzi e nella partecipazione dei genitori?
Ho visto gradualmente le famiglie allontanarsi dalla comunità e lasciare l’educazione dei figli alle Istituzioni, per poi lamentarsi dell’esito. I genitori spesso concedono qualunque cosa ai figli pur di non discutere. I ragazzi diventano incapaci di accogliere un “no” o di dare valore alle cose. Per questo credo che l’associazione e lo sport debbano essere un punto di riferimento per ricreare quei momenti di dialogo e quel senso di comunità che permetta ai genitori di sentirsi meno soli nel loro ruolo educativo.
Spesso vengono trattati i temi inclusivi nella scuola e nello sport in ambiti separati, altri indirizzi ritengono preferibile che alcune attività siano fatte insieme. Hai un’esperienza da raccontare brevemente che spieghi il tuo sentimento?
Scuola e Sport fanno parte della quotidianità dei nostri figli. L’inclusione più vera avviene nell’attività congiunta, dove le differenze si annullano nel perseguimento di un obiettivo comune, che richiede la cooperazione di tutti, indipendentemente dalle abilità. Non esiste un episodio specifico da raccontare, in tutte le attività che svolgo ritrovo questi principi: nel momento in cui un ragazzo con una difficoltà si sente essenziale per la riuscita di un esercizio, l’inclusione è avvenuta. È l’azione concreta che insegna l’empatia e il valore di ognuno, molto più di mille lezioni teoriche.

Nel territorio di Assago fioriscono molte attività sportive più o meno tradizionali; una tua grande passione è legata alla vita con una canoa tra natura ed allenamenti. Spiegaci perché è così interessante e bello questo sport
Il kayak permette, oltre all’allenamento fisico, di vivere un ambiente molto diverso da quello urbano vissuto quotidianamente. Riporta l’attenzione sulla consapevolezza del proprio corpo. Il silenzio sull’acqua, l’essere parte dell’ambiente, la necessità di leggere l’acqua e il vento. È un momento di mindfulness attivo.
Strutture, servizi e territorio accompagnano, e in qualche caso possono condizionare o facilitare “lo sport per tutti”, non solo per i più giovani. Puoi raccomandare alla politica un criterio oppure un modo per migliorare in pratica l’attuale situazione in Assago?
Chi mi conosce sa che non sono solita esprimermi su questioni politiche, ma un consiglio posso darlo. La comunità ha bisogno di collaborazione e, soprattutto, comunicazione, elementi fondamentali che spesso mancano da parte delle istituzioni. I cittadini non si sentono parte di un gruppo, ma singoli individui slegati tra loro. Questo porta a minore partecipazione alla vita del paese e minimizza la cura della res publica. Sarebbe un bel traguardo invertire questa tendenza. Assago è un paese con molte risorse, ascoltare i cittadini significa investirle nei veri bisogni della comunità, compresi quelli sportivi. Ad esempio, si potrebbe istituire un tavolo permanente di confronto tra le associazioni sportive, le scuole e l’amministrazione per coordinare l’uso delle strutture e creare sinergie, evitando duplicazioni e massimizzando l’impatto sociale dello sport sul territorio.
I paesi vivono realtà spesso particolari, le scuole devono affrontare problemi specifici di ogni istituto, le associazioni sportive sono spesso focalizzate su obiettivi disciplinari; cosa ti piacerebbe vedere realizzato che abitui ad allargare piuttosto che a chiudere un orizzonte per i giovani cittadini di paesi confinanti?
Mi piacerebbe realizzare una collaborazione tra associazioni sportive dei comuni limitrofi, si potrebbero studiare lezioni congiunte dove ogni atleta sperimenta l’altra attività e raccoglie degli insegnamenti che potranno tornare utili. Ad esempio, la canoa è una scuola di equilibri e percezione del proprio corpo nello spazio. Tutto ciò è fondamentale nella
maggior parte degli sport.
Lasciaci una ricetta che ogni genitore volenteroso dovrebbe seguire per vivere con l’entusiasmo che hai sempre tu seguendo i tuoi figli ed altrui, dalla fanciullezza alla adolescenza
Fondamentale è non agire come “amici”. I bambini e ragazzi devono capire molto bene la differenza di ruolo tra genitore e figlio (o istruttore e allievo). Si deve instaurare un dialogo sin da piccoli, con alla base rispetto da entrambe le parti. Quando si prende una decisione, serve comunicarla motivandola, anche se si tratta di bambini molto piccoli, utilizzando un linguaggio adatto e senza inventare storie o bugie. E non cambiare mai la decisione a causa dell’insistenza da parte loro. Molto importante è anche l’autonomia. Sappiamo tutti che, quando si è di fretta, è molto più veloce allacciare le scarpe a un bambino di 2 anni piuttosto che lasciare che lo faccia da solo. Questo, però, compromette non solo la sua autonomia, ma soprattutto la sua autostima. I bambini sono persone piccole, in grado di fare tantissimo da soli, se glielo
permettiamo. Cresceranno sicuri di sé e confidenti nelle loro capacità. Bisogna permetterglielo. Ovviamente non ci si deve dimenticare del proprio bambino interiore. Noi adulti dobbiamo essere i primi a gioire di questo processo, entusiasti di trasmettere loro il nostro sapere e divertirci con loro. Purtroppo, non esiste una ricetta universale che si adatti al vissuto di ciascuno. Questa è la mia.
Intervista a cura di Massimo Biadigo