La crisi normativa che ha investito il settore degli autovelox non è solo una battaglia legale o burocratica: è una minaccia per l’innovazione. Dietro il vuoto legislativo che impedisce l’omologazione dei dispositivi, si sta consumando una crisi industriale che rischia di far arretrare l’Italia in un comparto ad alta specializzazione tecnologica. A denunciarlo sono le aziende stesse, che parlano di progetti congelati, contratti sospesi e investitori in fuga.
“Un Paese senza norme non può innovare”
La Ci.ti.esse srl di Como, tra le principali realtà italiane del settore, ha scelto di reagire con una diffida formale ai ministeri delle Infrastrutture e delle Imprese, chiedendo l’emanazione del decreto di omologazione previsto dall’articolo 192 del Codice della Strada. “Non chiediamo incentivi, ma certezze”, spiega l’avvocato Pasquale Didona, che assiste la società. “Un Paese che non definisce regole tecniche chiare non può pretendere innovazione. Senza un quadro stabile, le aziende non investono e i talenti si spostano altrove”. Il timore, infatti, è che le competenze italiane nel controllo intelligente del traffico vengano disperse o acquisite da competitor stranieri.
Investimenti congelati e progetti fermi
Secondo fonti del settore, centinaia di migliaia di euro di investimenti in ricerca, sensoristica e software sono oggi congelati.
Le aziende avevano avviato programmi di sviluppo per integrare i nuovi dispositivi nelle piattaforme di mobilità urbana intelligente, ma senza un decreto di omologazione non è possibile testarli né commercializzarli.
“Abbiamo sistemi pronti, ma siamo costretti a lasciarli nei laboratori”, spiega un tecnico di una società milanese. “Il rischio è che tra qualche mese saranno già superati, e i fondi investiti andranno perduti”.
Un vuoto che favorisce la concorrenza estera
In Europa, altri Paesi hanno già aggiornato i propri standard di omologazione, creando un contesto favorevole all’innovazione.
Le imprese italiane, invece, restano intrappolate in un limbo che mina la loro competitività internazionale. “Ogni mese di immobilismo equivale a un mese di vantaggio per i competitor stranieri”, osservano gli imprenditori del comparto. “Siamo costretti a rinunciare a gare e collaborazioni perché mancano i riferimenti normativi che altrove esistono da anni”.
Appello delle aziende: “Ristabilire fiducia e stabilità”
Le imprese chiedono un intervento immediato del governo per sbloccare il decreto e restituire certezza al mercato. “Non servono scorciatoie o interpretazioni temporanee”, ribadisce Didona. “Serve una norma definitiva che ridia fiducia agli operatori e garantisca la sopravvivenza di un settore strategico per la mobilità e la sicurezza”. In assenza di risposte rapide, il rischio è che l’Italia perda una delle sue filiere tecnologiche più solide, costruita in anni di esperienza, innovazione e competenza.