il Velodromo Vigorelli, che ha rischiato di chiudere, non si tocca.
Il consiglio di Stato ha espresso il suo parere nella giornata del 10 Marzo
Un importante aggiornamento nelle ultime ore della vicenda che coinvolge un pezzo importante della storia sportiva milanese: il Velodromo Vigorelli, che ha avuto alterne fortune rischiando pure di chiudere, non si tocca. I giudici del Consiglio di Stato hanno infatti confermato la bontà della procedura che nel 2013 ha portato la Direzione regionale dei beni culturali e paesaggistici della Lombardia a dichiarare la struttura di “interesse storico-artistico”, nonché di “interesse storico, storico-relazionale e storico-identitario particolarmente importante”.
Il collegio presieduto da Giancarlo Montedoro ha respinto ieri, 10 marzo, il ricorso del Comune e ribadito la linea già seguita dal Tar nel 2017. Una battaglia legale che non ha comunque ostacolato i lavori di riqualificazione della struttura sportiva, che sono stati curati da CityLife nell’ambito degli oneri di urbanizzazione collegati alla costruzione del vicino quartiere con i tre grattacieli firmati Libeskind, Isozaki e Hadid.
I cantieri hanno riguardato in una prima fase la copertura, la pista in legno e il campo in erba sintetica per il football americano e in seguito le sotto tribune e gli spogliatoi nell’anello interno. Interventi che fanno intendere un possibile utilizzo dell’impianto più diversificato sfruttabile da più discipline. Si tratta di una convivenza difficile, ma non impossibile (in passato la struttura venne usata persino per organizzarvi dei tornei di ping- pong).
Le indicazioni
Le indicazioni della Sovrintendenza hanno subordinato la riqualificazione “alla salvaguardia della memoria e alla garanzia della permanenza di valori storico-documentali”. In particolare, è stato richiesto che “fosse valutata la possibilità di conservare e restaurare porzione della storica pista in listelli di legno di pino, progettata dall’architetto Clemens Schuermann quale memoria tecnologica e storica“. E ancora: è stato imposto il mantenimento degli “ingressi originari” o, in alternativa, “la corretta lettura della facciata opportunamente rivisitata”.
Il contenzioso con il Comune di Milano
Nonostante il restauro sia stato compiuto, il contenzioso giudiziario è comunque rimasto in piedi, tanto che le ultime memorie sono state presentate dalle parti (Palazzo Marino e Ministero dei Beni culturali) nel gennaio scorso, in vista dell’udienza andata in scena il 2 febbraio. Dal canto suo, l’amministrazione ha sostenuto che il verdetto di primo grado non avrebbe tenuto conto del fatto che l’impianto “non corrisponderebbe più nelle sue componenti strutturali all’opera originaria e in ogni caso sarebbe allo stato inutilizzato e inutilizzabile, in special modo per l’esercizio della disciplina ciclistica alla quale era destinato”. Il Comune ha pure sostenuto che non ci sarebbe il limite temporale dei 70 anni a giustificare il vincolo.
Il motivo? Seppur realizzata nel 1935, la struttura avrebbe subìto una “pluralità di modifiche negli anni a seguire”: dal bombardamento del 1943, che distrusse la pista, a quello del 1944, che buttò giù la copertura delle tribune, dalle nevicate straordinarie del 1947 e del 1985 al restauro della pista di fine anni ’90.
Le considerazioni
Di parere diverso i giudici: quegli eventi non hanno snaturato la consistenza originaria dell’impianto; tantomeno ne impediscono “la riconducibilità all’originaria conformazione, come emerge dall’esame della documentazione fotografica in atti”. Il decreto della Sovrintendenza poggia inoltre su una serie di considerazioni che stanno alla base di ogni ragionamento: Milano è la città capitale del ciclismo, sede di storici produttori di bici e di importanti competizioni “sin dagli albori del secolo scorso”. In questo contesto, si inserisce il Maspes-Vigorelli, che, per il Consiglio di Stato, ha un posto di primo piano nella “storia delle istituzioni collettive”, come luogo d’eccellenza dello sport, “fenomeno di costume” per antonomasia.
Morale della favola: il vincolo resta.
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Angelo De Lorenzi