Parla Mario Reggiani, il mister delle Milan Ladies

Alla scoperta di analogie e differenze tra calcio maschile e femminile

Parla Mario Reggiani, il mister delle Milan Ladies
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La differenza di genere è roba vecchia, roba del Medioevo. Per fortuna ci siamo tirati via quella spocchia che poneva l’uomo davanti alla donna. Certo, fermi, che già vi ho sentito… So bene che non è ancora del tutto debellata quella forma di razzismo verso il genere femminile. A dimostrarlo sono le statistiche e i dati che ogni anno ci vengono spiattellati in faccia e che dicono chiaramente come il trattamento, a livello lavorativo, sociale e politico sia differente tra l’uomo e la donna. È sempre stato così ma piano piano le cose stanno migliorando; in alcuni paesi del mondo la velocità di cambiamento e sviluppo è molto più alta che in Italia, ad esempio. Un paese in cui, tra l’altro, il genere femminile, a livello sportivo e non solo, ha portato sempre grandi risultati. Ed è per questo che anche le squadre di calcio si sono dovute, finalmente, adattare al cambiamento e, anzi, correre per adeguarsi ad una realtà: il calcio femminile esiste e funziona. Per questo sono andato a fare due chiacchiere con Mario Reggiani, allenatore del Milan Ladies.

Il calcio femminile vive nello stereotipo di essere uno sport diverso, meno importante, meno attraente, meno interessante e spettacolare di quello maschile. Tu che lo vivi, che aria si respira?

Credo che la bellezza del calcio femminile si colga innanzitutto vivendolo. Parto dalla base: è molto più sano. Le donne, come approccio, atteggiamento, voglia di mettersi in discussione e di dare il massimo, hanno molto da insegnare agli uomini. Il rispetto per il lavoro svolto è maniacale, e la volontà di approfondirlo è altrettanto costante. Nel mondo maschile spesso vige la frase del “se vinci tutto va bene”, nel mondo femminile c’è molto più spirito critico. Devo poi aggiungere che a livello di gestualità tecnica, non ci sono differenze: se una donna sa eseguire un gesto tecnico in maniera appropriata, non ha nulla di meno di un maschio. E anche tatticamente hanno delle conoscenze analoghe.

Quali sono le differenze vere con quello maschile, tralasciando le dicerie becere e ignoranti che si sentono?

Le differenze col calcio maschile sono inevitabilmente fisiche: una partita femminile, di alto livello, come velocità e forza non potrà mai essere equiparata a un match maschile. Di conseguenza, chi guarda il calcio con occhio generico coglie questa differenza di passo e difficilmente viene attratto da una partita in rosa. Ma è altrettanto vero che chi invece va oltre, e apprezza la gestualità e i movimenti, vede nel femminile delle partite gradevoli e, appunto perché un po’ meno frenetiche, anche la possibilità di osservarle e leggerle meglio.

Cosa ti ha impressionato e appassionato quando hai fatto i primi allenamenti in questo mondo?

Venendo da anni di calcio maschile, son stato impressionato innanzitutto dal livello di attenzione che si sviluppa durante una seduta. Si parla solo di ciò che si sta facendo, e si cerca di farlo al meglio. Mi ha anche colpito la capacità di correzione che le ragazze hanno: qualsiasi appunto venga loro fatto, provano a metterlo in pratica. Non accettano però, come dicevo, passivamente le indicazioni, vogliono capirne il perché, e questo fa si che rafforzino quanto si svolge.

Dove dovrebbe intervenire la federazione per dare più dignità al calcio femminile italiano?

Innanzitutto dovrebbe favorire una organizzazione capillare che faccia sì che gli eventi di calcio femminile abbiano sempre e costantemente il giusto risalto. Si sono fatti passi in avanti in questo senso, ma l’attenzione che viene data al nostro mondo a volte sembra più “perché è la moda del momento”, invece che perché sia giusto crederci. Mi auguro che i piccoli miglioramenti si consolidino, e permettano al calcio italiano di equipararsi a quello europeo.

Qual è il livello tecnico italiano?

Ora che i settori giovanili femminili si stanno espandendo, vedremo dei miglioramenti. La difficoltà per una bambina di entrare nei settori giovanili maschili di buon livello può esser stata un limite, ma ora che le società professionistiche stanno potenziando l’attività delle giovani giocatrici fin da bambine, sicuramente le stesse riceveranno un’adeguata formazione, e otterremo calciatrici tecnicamente più fluide un domani. Ora dobbiamo avere un po’ di pazienza.

La mentalità è sempre la stessa, sia con gli uomini sia con le donne, ma caratterialmente cosa secondo te cambia?

La donna ha una sensibilità maggiore, e come tale deve essere considerata e trattata. Pensare di avere un’unica uniforme con maschi e femmine sarebbe un autogoal pazzesco, ogni genere ha le sue peculiarità e bisogna cercare di avvicinarsi il più possibile con uno stile comunicativo adeguato. Le donne sono meno fragili nelle difficoltà, ma allo stesso tempo affrontano ogni singola situazione con un impatto emotivo alto, e quindi noi dello staff dobbiamo saper sempre rispondere in modo consono alla situazione.

Quale è stata la tua formazione?

Ho seguito totalmente il cuore e la passione: amando lo sport, e in particolare lo sport di squadra (ho praticato calcio e hockey su ghiaccio) ho deciso di studiare scienze motorie, e ho preso il patentino di allenatore UEFA B».

Che allenatore è Mario Reggiani?

Una volta mi sarei definito attento all’estetica. Oggi non disdegno che la squadra giochi un calcio propositivo e gradevole, perché penso sempre che ci si diverta giocando bene, ma allo stesso tempo cerco molto l’equilibrio in ogni fase di gioco. Non amo particolarmente urlare o alzare la voce, penso che a molte soluzioni ci si arrivi ragionando.

Secondo te quali sono gli esempi da seguire in Italia per diventare un buon allenatore e qual è il punto di riferimento, d’arrivo che puoi trovare in Serie A?

Oggi la Serie A maschile si sta improntando sempre più sul difensivismo, è difficile vedere partite in cui venga proposto bel calcio. di sicuro tre allenatori che possono essere presi d’esempio sono Sarri (Napoli), un genio, ma altrettanto Giampaolo (Sampdoria) e Di Francesco (Roma) che, con stili e modi diversi, provano sempre a imporre la loro idea di gioco, ottenendo risultati diversi ma molto buoni. Il mio modello ispiratore, che ai tempi mi affascinò tanto da convincermi a provare ad allenare, è stato Del Neri.

Il suo primo Chievo, ma anche successivamente Atalanta e Sampdoria, erano squadre propositive, offensive ma allo stesso tempo equilibrate. Era un piacere vederle giocare. Da un punto di vista femminile, l’attuale CT della Nazionale, Milena Bertolini, rimane un capo saldo. Il suo gioco divertente ha mostrato che si possono vincere i campionati pensando ad attaccare, e che il mondo femminile può proporre ritmi e qualità di gioco di sicuro interesse.

 Fabio Fagnani
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