Lacrime e paura a Pieve: il ricordo di Pinuccio La Vigna pompiere coraggioso

Il ricordo di amici e colleghi nella tragedia di ieri notte, in quella che era una famiglia, quella del distaccamento di Pieve Emanuele.

Lacrime e paura a Pieve: il ricordo di Pinuccio La Vigna pompiere coraggioso
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Lacrime e paura a Pieve: il ricordo di Pinuccio La Vigna pompiere coraggioso.

Lacrime e paura a Pieve: il ricordo di Pinuccio pompiere coraggioso

PIEVE EMANUELE – “Era innamorato perso. Che per noi era un dramma, visto che aveva smesso di usare aglio e cipolla in cucina. Ma lui era felice. Lunedì doveva andare a firmare per comprare casa. Stava organizzando il matrimonio, era innamoratissimo della sua compagna. Era felice”. La caserma dei vigili del fuoco di Pieve Emanuele è aperta dal 2009, ed è una seconda casa.

Per alcuni anche la prima

Perché qui si passano le notti, si cena insieme, si compra la torta di compleanno di chi festeggia gli anni, tra una chiamata e l’altra dove hai solo il tempo di metterti in testa l’elmetto e correre. A salvare qualcuno. “Pinuccio è morto”. La chiamata è arrivata alle undici di sera. Due ore prima si era precipitato in quel maledetto capannone di San Donato per spegnere le fiamme. C’era una pensilina. Sotto, una delle due donne volontarie del distaccamento di Pieve, con la lancia in mano, a domare l’inferno.

“Ti do il cambio”, ha detto Pinuccio.

Ha preso in mano la lancia e quella trave è caduta in testa, lo ha decapitato. Di fianco a lui c’era Luca Protopapa che ha visto quello che per tutta la vita gli rimarrà negli occhi e per una volta, per una volta, avrà sperato di vedersi annebbiare la vista dal fumo nero. È crollato, lo hanno portato via in ambulanza. Lo hanno dimesso, gli hanno controllato il cuore che ha sentito in gola e poi fermarsi. “Assurdo – commenta il direttore regionale dei vigili del fuoco Dante Pellicano –. Il capannone non era ancora stato aggredito dalle fiamme, come si dice in gergo. La squadra, composta da cinque persone, si è avvicinata con cautela. Una tragedia”.

Qualcuno lo chiama destino.

Lavorava all’Agenzia delle Entrate Pinuccio La Vigna, ma nel cuore aveva la passione per la divisa da pompiere. Gliel’aveva trasmessa un collega di Volpiano. Pinuccio, 48 anni a giugno, avrebbe voluto far parte della forestale, abituato ai sentieri duri della provincia di Campobasso, dove è cresciuto. “Era l’esperto della motosega: quando c’erano alberi da tagliare, lui era il primo. Poi se si inceppava, si metteva lì ad aggiustarla piano piano. Faceva tutto”. In quei turni di sera che iniziavano alle 20 e finivano alle 8, preparava gli spaghetti per tutti. “Era bravissimo, il nostro cuoco.

Mia moglie si lamenta perché le dico che qui mangio meglio che a casa grazie a Pinuccio”, dice un volontario. E ne parla ancora al presente, come se fosse lì, tra i pomodori e le bistecche, a chiamare “maresciallo” il più anziano tra i compagni. Viveva la caserma come una famiglia, la sua squadra era fatta da fratelli. Perché in caserma così si vive. Dove se c’è uno che non se la sente di scendere nelle cantine che sputano le fiamme, un altro gli dice “tranquillo, ci siamo noi”. Dove la squadra si vive con fratellanza, con rispetto, con dedizione. A zero euro. Perché salvare vite qua è l’unica cosa che ti viene in tasca a fine turno. “Io mi faccio 50 chilometri ad andare e 50 a tornare. Eppure, quando sono in strada, non vedo l’ora di arrivare”.

I colleghi del turno B, quello di Pinuccio, li hanno rimandati in caserma a mezzanotte, ieri. Gli hanno dato il cambio altri pompieri. Alcuni stavano dormendo, a casa, ma si sono messi la divisa e hanno detto “arriviamo”. Anche solo per stare insieme, per farsi coraggio. Per mescolare rabbia e lacrime. Da asciugare in fretta, perché poteva arrivare un’altra chiamata. “Ci siamo messi in cerchio, abbiamo detto che qua nessuno ci obbliga. Che la stiamo scegliendo noi questa vita. Ci siamo rimessi gli stivali. Pronti alla prossima chiamata”.

Le passioni di Pinuccio

Ricordano Pinuccio e la sua passione per la lirica e il teatro, recitava in una compagnia teatrale e amava la musica. Paolo Festa parla da pompiere, non da sindaco. “La caserma è una famiglia. Tutti uniti, tutti insieme. Abbiamo sospeso tutte le iniziative tra oggi e domani, proclameremo lutto cittadino il giorno dei funerali. Vogliamo onorare il nostro eroe”. Ma i vigili del fuoco non si sentono eroi, non vogliono lustrini, non vogliono riconoscimenti.

“È morto Pinuccio”. La telefonata arriva anche a Roberto Radaelli, capo distaccamento di Pieve. Ricorda quel dannato momento. Non riesce a dire nulla, gli occhi si inumidiscono. Li alza al cielo, per un attimo. Incrocia le braccia dietro la schiena e si appoggia allo stipite della porta. Come se le gambe, quelle che corrono veloci incontro alla fiamme degli inferni, non gli reggessero.

“Era un uomo buono. Era un uomo buono”, continua a ripetere, scuotendo la testa. Pinuccio è morto. Non avete paura, ora? Gli chiedo. I volontari si guardano, incrociano gli sguardi per un istante eterno. Cosa passa per la testa a ognuno di loro è inviolabile. Si guardano. Forse in testa gli riecheggiano le parole della loro canzone. Il pompiere paura non ne ha, dice. Si guardano. Rispondono in coro. Si fanno coraggio. "Niente paura".

Francesca Grillo

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