Operazione Quadrato, i luoghi dello spaccio e la vita dei narcos

I carabinieri della Compagnia di Corsico sono partiti dal basso, da un semplice arresto per spaccio e sono arrivati ai vertici.

Operazione Quadrato, i luoghi dello spaccio e la vita dei narcos
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Operazione Quadrato, i luoghi dello spaccio e la vita dei narcos.

Operazione Quadrato, i luoghi dello spaccio e la vita dei narcos

CORSICO – I punti dove scambiarsi bustine e contanti erano luoghi sicuri, ma non lontani dagli occhi degli abitanti. Il Quadrato è terra di spaccio, la più grande piazza di Corsico: si sa, si sapeva. Era sotto gli occhi della gente, dei bambini che mentre giocavano in quella vasca di cemento, il Quadrato appunto, vedevano scambi di mano in mano, anche a minorenni, ragazzini poco più grandi di loro. I carabinieri della Compagnia di Corsico guidati dal capitano Pasquale Puca e dal tenente Armando Laviola sono partiti dal basso, da un semplice arresto per spaccio e sono arrivati ai vertici di un’organizzazione dove l’intera filiera era gestita dai fratelli Barbaro.

Una rete di parentele e luoghi "pesanti"

Antonio, Francesco, Giuseppe, Salvatore. Tutti nati a Locri, dove hanno ancora la residenza (tranne Salvatore, a Cermenate, Como) ma che erano abitualmente a Corsico, lì al Villaggio Giardino dove imbastivano gli affari. Nati dal matrimonio tra un Barbaro e una Papalia: Pasquale e Maria Loreta. Lei, la mamma, è figlia di Francesco Papalia, fratello di Antonio, Domenico e Rocco: i primi due scontano l’ergastolo, Rocco è in una casa lavoro dopo una parentesi di un anno di libertà, dopo 25 anni di reclusione.

Parentele “pesanti” anche da parte di nonna: Anna Barbaro, moglie di Francesco Papalia, è cognata di Francesco Barbaro, ciccio u castanu, feroce boss di Platì e padre di Rocco Barbaro, uno dei latitanti più pericolosi d’Italia (preso l’anno scorso) e capo delle cosche lombarde della ‘ndrangheta. I cognomi pesanti che finiscono nella carte delle inchieste antimafia riguardano altri due arrestati: Natale Trimboli, 28 anni, e Giusepppe Perre, 23 anni, nato a Messina, residente a Platì, ma bazzicava sempre a Corsico, prima che i carabinieri lo portassero a San Vittore.

A soli 23 anni era già in mezzo a giri di droga e ricettazione, quella di cui era accusato quando l’hanno fermato alla guida di una minicar rubata. Poi lo hanno preso per estorsione aggravata, accusato anche di associazione mafiosa insieme a Francesco Sergi: chiedeva i soldi di una partita di droga a un imprenditore di Buccinasco e per mettergli paura rivendicava con orgoglio l’appartenenza alla ‘ndrangheta. Natale Trimboli è il fratello di Domenico che gestisce con la moglie il bar Ecclesia di Buccinasco, il locale che un tempo apparteneva a Serafina Papalia, figlia del boss Antonio (si chiamava Ritual bar).

Dei Trimboli, Giuseppe e Antonio, è invece il bar Night and Day, sempre al Villaggio Giardino, considerato dagli inquirenti la base logistica e operativa degli smerci di droga. Era uno dei locali dove avvenivano gli scambi, insieme al bar Xia Zhou, gestito da cinesi, e all’El Dorado, già chiuso più volte dalla Questura per la presenza di pregiudicati.

Dalla base alla strada

Qui l’esercito di marocchini assoldati per lo spaccio a clienti occasionali si fermavano, prendevano le chiamate, gli appuntamenti: “Vieni al semaforo, all’angolo, al baretto, di fianco al supermercato”. Tutti angoli del Giardino, neanche troppo nascosti, anzi. A cento metri dalla piazza di spaccio, c’era il centro di stoccaggio e taglio, l’appartamento in via dei Navigli all’1 di Francesco Truglia che non usciva mai di casa, custodiva la droga nascosta nel buco ricavato dal divano in salotto e il registro contabile. Esperto in rapine, gestiva e stoccava cocaina, hashish e marijuana fino a quando è stato arrestato e si è reso necessario cambiare deposito.

Il braccio destro dei Barbaro, Francesco Pellegrini (già arrestato, sempre per droga, nel 2010 insieme a Francesco Barbaro), uomo di fiducia dei fratelli, aveva individuato un incensurato, Fabio Clemente Galbani che aveva messo a disposizione la sua officina di via Merli a Corsico, con tutto il materiale per confezionare le bustine, non meno di 50 grammi l’una, pronte per essere vendute ai grossisti.

Una filiera che iniziava dai Barbaro e arrivava ai marocchini usati come spacciatori nel quartiere, fedeli. Fedelissimi: «Sono stanco – dice intercettato Hamid Oladif, uno dei magrebini che spacciavano per conto dei Barbaro –, ho fatto le analisi e mi hanno trovato hashish, cocaina e puttane nel sangue: ho deciso di farmi curare, ma per voi ci sono sempre. Siete il mio cuore». Fedeltà assoluta a chi procurava chili di cocaina e gli consentiva di vendere anche 40 bustine al giorno. Un giro d’affari immenso che si snodava nel quartiere da tempo.

Un territorio difficile

“Un territorio difficile, quello di Corsico, dove è difficile indagare. Servono grandi capacità”, ha detto la coordinatrice della Dda di Milano Alessandra Dolci che ha lavorato in sinergia con il pm David Monti e il magistrato della Dda Stefano Ammendola, riconoscendo al carabinieri di Corsico un’attività investigativa di grande valore. “Corsico è da trent’anni al centro delle investigazioni sulle ‘ndrina radicate qui. Ora bisogna aggiungere un altro tassello nelle indagini: i collegamenti con la Germania”, ha aggiunto Dolci. Fa riferimento alle auto con targa tedesca che sono sempre più presenti tra Corsico e Buccinasco. Le stesse su cui stavano cercando di varcare il confine Antonio e Salvatore Barbaro, insieme al fidato Francesco Pellegrini, fermati a Vipiteno, Bolzano, con pacchetti di soldi, cash. In totale, sono stati sequestrati circa 30mila euro.

Ognuno il proprio ruolo

Un’organizzazione studiata, dove ognuno aveva il proprio ruolo. Dove gli accorgimenti per non essere scoperti dai “cani”, come chiamavano i carabinieri di Corsico, di cui conoscevano macchine e targhe, erano continui. Ma non abbastanza. La telecamera puntata in casa di Truglia e quelle posizionate in tutto il Quadrato hanno fornito “prove granitiche”, come si legge sull’ordinanza. Prove di un giro di affari enorme, che hanno scoperchiato un business dove i calabresi che appartengono alle cosche della ‘ndrangheta che ha inquinato il Sud Milano erano protagonisti. Tutti giovani, poco più che trentenni, alcuni persino lontani dai 30 anni. Ora tutti in carcere, a passarci gli anni migliori.

Francesca Grillo

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