Medicina, nuova scoperta: dai farmaci per il diabete la cura per il grasso del cuore

Lo studio dell’Università degli Studi di Milano e dell’IRCCS Policlinico San Donato pubblicato sull’International Journal of Cardiology.

Medicina, nuova scoperta: dai farmaci per il diabete la cura per il grasso del cuore
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Medicina, nuova scoperta: dai farmaci per il diabete la cura per il grasso del cuore.

Medicina, nuova scoperta: dai farmaci per il diabete la cura per il grasso del cuore

MILANO – I farmaci usati nel trattamento del diabete di tipo II e dell’obesità riducono il grasso che riveste il cuore, conosciuto come grasso epicardico, con effetti cardiovascolari benefici.

Lo studio pubblicato sull’International Journal of Cardiology

È quanto emerge da uno studio pubblicato sull’International Journal of Cardiology che ha visto la collaborazione dei ricercatori del Dipartimento di Scienze Biomediche per la Salute dell’Università degli Studi di Milano e dell’IRCCS Policlinico San Donato. Il tessuto adiposo epicardico (Epicardial Adipose Tissue – EAT) è un particolare grasso che ricopre le coronarie e il cuore del quale, in condizioni normali, costituisce circa il 20% del peso totale. In costante comunicazione con il muscolo cardiaco, EAT rappresenta anche la sua principale riserva energetica. Protegge il cuore, sia con un’azione termogenica, sia con un’azione strutturale: fa in modo cioè che la temperatura del muscolo cardiaco sia sempre ottimale e che le coronarie rimangano stabilmente nella loro sede quando la frequenza del battito aumenta.

Gi effetti dannosi dell'eccesso di grasso epicardico

Un eccesso di grasso epicardico, tipico dei soggetti con obesità viscerale-addominale, ha invece diversi effetti dannosi sul cuore: ne modifica il metabolismo, ne altera la struttura e la mobilità, danneggiando la funzione della pompa cardiaca e aumentando quindi il rischio di scompenso. Favorisce l’aterosclerosi e peggiora il microcircolo, esponendo maggiormente a ischemie e può inoltre infiltrare la parete del muscolo cardiaco, generando anomalie nella conduzione del battito e aritmie. “Da diversi anni abbiamo concentrato le ricerche del nostro gruppo su EAT e il suo ruolo nelle malattie cardiovascolari. Sappiamo che a una “pancia grassa”, corrisponde un “cuore grasso” e che l’eccesso di grasso epicardico genera un’azione infiammatoria direttamente sulle pareti delle arterie coronarie e sul muscolo cardiaco. Questa funzione pro-infiammatoria del grasso è un predittore indipendente di coronaropatia e di rischio metabolico ma questo nuovo lavoro, oltre a confermarne il ruolo di importante fattore di rischio, apre la strada alla considerazione di EAT come un vero e proprio target terapeutico su cui in futuro si potrà agire direttamente” – spiega il dottor Alexis Elias Malavazos, responsabile del Centro di Dietetica, Educazione Alimentare e Prevenzione Cardiometabolica dell’IRCCS Policlinico San Donato.

Cosa ha dato avvio allo studio

Il fatto che ha dato avvio allo studio è l’osservazione nella pratica clinica dell’effetto dei farmaci incretino-mimetici sui cuori dei pazienti: questi farmaci – ad oggi comunemente impiegati nella terapia del diabete e dell’obesità – “mimano” l’azione delle incretine, gli ormoni che, normalmente prodotti dall’intestino, stimolano il pancreas a produrre insulina e che abbassano il glucosio nel sangue. I pazienti diabetici e obesi in terapia con gli incretino-mimetici presentano una riduzione molto importante dello spessore del grasso cardiaco (fino al 36%), riduzione questa non correlata direttamente alla perdita di peso complessivo e al miglioramento del controllo del glucosio.

Lo studio

Da qui l’idea che potesse esserci un’azione diretta di questi farmaci a livello di EAT: “Abbiamo studiato campioni di EAT prelevato da pazienti affetti da patologia coronarica sottoposti a intervento chirurgico di bypass e abbiamo riscontrato che EAT esprime una molecola specifica (GLP-1R) che funziona da recettore per le incretine e i cui livelli sono associati a geni che, oltre a ridurre la creazione di nuovo grasso (adipogenesi), promuovono l’ossidazione degli acidi grassi e il differenziamento delle cellule grasse da bianche a brune – favorendo quindi il dispendio energetico e la perdita di grasso. Attraverso l’azione su EAT deriva quindi un’importante funzione protettiva a livello del cuore”, conclude Elena Dozio, ricercatrice di Patologia clinica al Dipartimento di Scienze biomediche per la salute dell'Università degli Studi di Milano.

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